Da Francesco un discorso sui migranti che fa storia
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Da Francesco un discorso sui migranti che fa storia

Un messaggio di straordinario impatto emotivo. Dovrebbe essere studiato a scuola. Trasmesso e ritrasmesso in Tv al posto di quei dementi talk show mediatici in cui si fa a gare a chi la spara più grossa.

Da Francesco un discorso sui migranti che fa storia
Papa Francesco
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

30 Dicembre 2021 - 12.33


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Ogni parola colpisce al cuore. Un messaggio di straordinario impatto emotivo. Dovrebbe essere studiato a scuola. Trasmesso e ritrasmesso in Tv al posto di quei dementi talk show mediatici in cui si fa a gare a chi la spara più grossa. I politici dovrebbero impararlo a memoria, ma questo sarebbe davvero un miracolo. Di certo, quello di Papa Francesco sui migranti può essere annoverato senza alcun dubbio nel discorso, sermone, omelia, chiamatelo come volete, più dell’anno. Più emozionale. Più etico. Più “politico” nel senso più alto e nobile della parola.

Un discorso che fa storia

Come ogni mercoledì Papa Francesco è nell’aula Paolo VI dove incontra gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo per l’udienza generale. Ma questo è il primo mercoledì dopo il Natale e il Pontefice, riprendendo il ciclo di catechesi su San Giuseppe, incentra la sua riflessione sul tema: San Giuseppe, migrante perseguitato e coraggioso (Lettura: Mt, 2). Un tema a lui caro, spesso al centro delle sue preghiere.

“Oggi – ha detto Bergoglio – vorrei presentarvi San Giuseppe come migrante perseguitato e coraggioso. Così lo descrive l’evangelista Matteo. Questa particolare vicenda della vita di Gesù, che vede come protagonisti anche Giuseppe e Maria, è conosciuta tradizionalmente come “La fuga in Egitto”. “La famiglia di Nazaret ha subito tale umiliazione e sperimentato in prima persona la precarietà, la paura, il dolore di dover lasciare la propria terra.Ancora oggi – ha poi rimarcato – tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza. Anche oggi c’è una traccia della storia della fuga della famiglia di Gesù fuori dalla propria patria, così come raccontato dai Vangeli nel periodo di Natale. Ed è inpersonificata dalle tante persone costrette a fuggire dalla propria terra per diventare migranti o rifugiati. La causa è quasi sempre la prepotenza e la violenza dei potenti. anche per Gesù è accaduto così”. 

È una realtà, quella dei migranti di oggi, davanti alla quale non possiamo chiudere gli occhi. È uno scandalo sociale dell’umanità”. E a braccio dice “Pensiamo a tutti i perseguitati, a quanti sono vittima di circostanze avverse, siano politiche, storiche o personali. Pensiamo a tanta gente vittima di guerre che vuole fuggire dalla sua patria e non può, pensiamo ai migranti che cominciano quella strada per essere liberi e finiscono sulla strada o nel mare, pensiamo a Gesù nelle braccia di Giuseppe e Maria fuggendo, e vediamo ognuno dei migranti di oggi”.

Bergoglio invita quindi fedeli e pellegrini a pregare per tutti i migranti, tutti i perseguitati e tutti coloro che sono vittime di circostanze avverse: “San Giuseppe, tu che hai sperimentato la sofferenza di chi deve fuggire per salvare la vita alle persone più care, proteggi tutti coloro che fuggono a causa della guerra, dell’odio, della fame. Sostienili nelle loro difficoltà, rafforzali nella speranza e fa che incontrino accoglienza e solidarietà. Guida i loro passi e apri i cuori di coloro che possono aiutarli”.

Il Papa tuona contro gli Erode di ieri e di oggi e usa parole fortissime per descrivere le due facce opposte dell’uomo. “Per questi tiranni la gente non conta, conta il potere e per questo fanno fuori la gente. Succede anche oggi“. Pensando alla fuga della Santa Famiglia in Egitto, Bergoglio osserva che “salva Gesù, ma purtroppo non impedisce a Erode di compiere la sua strage. Ci troviamo così di fronte a due personalità opposte: da una parte Erode con la sua ferocia e dall’altra parte Giuseppe con la sua premura e il suo coraggio. Erode vuole difendere il proprio potere con una spietata crudeltà, come attestano anche le esecuzioni di una delle sue mogli, di alcuni dei suoi figli e di centinaia di oppositori. Uomo crudele, faceva fuori come unica ricetta”.

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Osserva il Pontefice pensando a Erode: “Egli è il simbolo di tanti tiranni di ieri e di oggi; è l’uomo che diventa “lupo” per gli altri uomini.,La storia è piena di personalità che, vivendo in balìa delle loro paure cercano di vincerle esercitando in maniera dispotica il potere e mettendo in atto disumani propositi di violenza. Ma non dobbiamo pensare che si vive nella prospettiva di Erode solo se si diventa tiranni; in realtà è un atteggiamento in cui possiamo cadere tutti, ogni volta che cerchiamo di scacciare le nostre paure con la prepotenza, anche se solo verbale o fatta di piccoli soprusi messi in atto per mortificare chi ci è accanto”. “Giuseppe – dice papa Francesco- è l’opposto di Erode: prima di tutto è ‘un uomo giusto’,si dimostra coraggioso. Si possono immaginare le peripezie che dovette affrontare durante il lungo e pericoloso viaggio e le difficoltà che comportò la permanenza in un paese straniero. Il suo coraggio emerge anche al momento del ritorno, quando, rassicurato dall’Angelo, supera i comprensibili timori e con Maria e Gesù si stabilisce a Nazareth. Erode e Giuseppe sono due personaggi opposti, che rispecchiano le due facce dell’umanità di sempre”.

Nella sua riflessione aperta emerge tutto il dolore del Papa per le vittime che dice sono uno ‘”scandalo sociale dell’umanità, ed esorta i fedeli a “non chiudere gli occhi”.

Infine secondo il Papa il coraggio non è solo prerogativa degli eroi, è “un luogo comune sbagliato considerare il coraggio come virtù esclusiva dell’eroe. In realtà, il vivere quotidiano di ogni persona richiede coraggio per affrontare le difficoltà di ogni giorno. In tutti i tempi e in tutte le culture troviamo uomini e donne coraggiosi, che per essere coerenti con il proprio credo hanno superato ogni genere di difficoltà, sopportando ingiustizie, condanne e persino la morte”.

L’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, stima che da gennaio alla fine di novembre di quest’anno, più di 2.500 persone sono morte o scomparse in mare nel tentativo di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo e la rotta marittima dell’Africa nord-occidentale. 

Italia, la vergogna balcanica

Le parole del Papa dovrebbero scuotere la coscienza di chi si è reso responsabile dell’ennesima vergogna dei respingimenti. 

A darne conto su Altreconomia è Duccio Facchini: “Chi vuole vedere da vicino la “strategia” dell’Unione europea in atto verso le persone migranti deve andare a Lipa, l’isolato altopiano nella municipalità di Bihać, nel Nord-Ovest della Bosnia ed Erzegovina.
È qui, nel cuore dei Balcani e dell’Europa, a 800 metri di altitudine e a quasi 25 chilometri dal primo ospedale, che a metà novembre 2021 ha riaperto il nuovo “Temporary reception centre” per le persone “in transito” da 1.500 posti. Una “inedita forma di segregazione senza base giuridica […] dove la dignità umana viene calpestata”, come denuncia la rete RiVolti ai Balcani nel suo nuovo report in uscita il 27 dicembre e intitolato “Lipa, il campo dove fallisce l’Europa” 

A un anno dal terribile incendio che proprio a Lipa -nel cantone di Una-sana, dove il 21 aprile 2020 era stato ufficialmente aperto il “primo” campo come risposta preventiva alla pandemia da Covid-19 per ospitare fino a 1.000 uomini soli- lasciava oltre 1.200 persone all’addiaccio e al gelo, RiVolti ai Balcani ha realizzato un approfondimento di denuncia e informazione che ricostruisce il contesto in cui si inserisce il nuovo campo -costato 3 milioni di euro-, fa il punto dei transiti in Bosnia ed Erzegovina e della mancata protezione, traccia un bilancio (anche economico), mette in fila e descrive gli attori in gioco nella non-gestione della migrazione e dell’asilo nel Paese e soprattutto mostra perché la “strategia Lipa” -che si lega a doppio filo con i respingimenti e il mancato accesso alla protezione in Croazia- è un fallimento. Il punto di partenza del report è un’utile panoramica sull’Europa sempre più “spinata” e su come nel 2021 si siano rafforzate le politiche di controllo e militarizzazione per mare, terra e cielo dei confini dell’Ue. Dalla Polonia alla Grecia, dalla Croazia alla Romania, passando per Stati chiave come Turchia, Libia e Serbia, i “muri” non si contano. Ciò nonostante nei primi 11 mesi del 2021 gli “attraversamenti irregolari” delle frontiere secondo l’agenzia Frontex sarebbero stati oltre 184mila, il 60% in più rispetto al 2020 e il 45% in più rispetto al 2019; 55.310 di questi riguardano proprio i Balcani occidentali, più 138% rispetto al 2020, più 387% rispetto al 2019.

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La Bosnia ed Erzegovina resta quindi uno snodo importante. Tra il gennaio 2018 e l’ottobre 2021 sono state infatti circa 84mila le persone migranti, rifugiate e richiedenti asilo di cui sia stato registrato il transito nel Paese. “Pressoché nessuno intende cercare protezione in Bosnia ed Erzegovina e, quando lo fa, questa gli viene negata nell’ambito di una evidente strategia che mira a scoraggiare ogni tentativo di permanenza”, ricordano i curatori del report -Anna Clementi, Duccio Facchini, Diego Saccora e Gianfranco Schiavone-. “Appena sette richiedenti in quattro anni si sono visti riconoscere lo status di rifugiato (lo 0,25% degli ‘applicanti’). In 109 quello di protezione sussidiaria”. È in questo quadro che il 19 novembre 2021 è stato inaugurato il nuovo Trc di Lipa, costato come detto 3 milioni di euro e del quale l’Ue è stato il principale finanziatore (tra gli attori intervenuti c’è anche il ministero degli Esteri italiano). La capienza totale del campo è di 1.500 persone suddivise tra 1.000 posti dedicati a uomini singoli, 300 posti per persone appartenenti a nuclei familiari, 200 posti per minori non accompagnati. Al 6 dicembre 2021 le persone dislocate all’interno sono 382. Alla cerimonia di inaugurazione di Lipa il rappresentante Ue in Bosnia ed Erzegovina Johann Sattler l’ha definito un “centro migranti all’avanguardia”. È davvero così?, si è chiesta RiVolti ai Balcani.La risposta è no. “La scelta di costruire un campo di grandi dimensioni destinato a ospitare anche famiglie e minori non accompagnati in una località totalmente isolata […] non regge al minimo vaglio di razionalità e ancor meno al senso di umanità”. Tanto che ai “confinati” viene “sostanzialmente impedito di sviluppare una minima vita privata e di relazione”, considerando che non possono nemmeno recarsi in alcun centro abitato. “Al momento della pubblicazione del presente rapporto -si legge infatti-, rimane proibito nel Cantone di Una-sana dare passaggi in auto a cittadini stranieri se migranti, nonostante si tratti di una disposizione chiaramente illegittima”. La condizione di “radicale e persistente isolamento” colpisce anche i minori, tradendo quanto scritto nella Convenzione Onu sui diritti del fanciullo. “Si può forse ritenere normale una situazione nella quale, in via ordinaria, il minore viene sottoposto a un trasporto di circa 50 chilometri al giorno per raggiungere la scuola più vicina situata a Bihać?”…

Fin qui Facchini.

Uno studio illuminante

E’ quello realizzato dal professor Fulvio Vassallo Paleologo, E’ possibile leggerlo integralmente su www.a .dif.org

Di seguito, l’introduzione e le conclusioni.

.In tempi in cui la pandemia da Covid 19 ha ridefinito il concetto di frontiera e di mobilità umana su scala globale si continua a ragionare, ed a praticare scelte politiche e giuridiche, come se non fosse cambiato nulla, come se le attività di controllo o di limitazione della libertà personale e di circolazione, le prassi di respingimento, o di espulsione, fossero praticabili con le stesse modalità adottate negli anni passati. La collaborazione con i paesi terzi rimane ancora basata sul contrasto dell’immigrazione irregolare, che altri definiscono ancora come “clandestina”, piuttosto che sulla riduzione di quel divario sempre più ampio tra paesi ricchi e paesi poveri, sul sostegno nelle campagne sanitarie, sulla lotta alla corruzione e sul ripristino di condizioni minime di rispetto dei diritti umani. Sarebb il tempo per un riconoscimento effettivo dei diritti fondamentali delle persone, ma sembra invece che la cd. “ripartenza”, dopo il lockdown imposto dal Covid 19, sia caratterizzata da un accresciuto disvalore della vita e della dignità di chi è costretto a mettersi in viaggio senza avere risorse e documenti regolari. Persone, esseri umani come noi, ma ai quali si appiccica addosso anche l’etichetta di untori, da respingere a qualunque costo, anche a costo di vederli galleggiare per giorni in balia delle onde.

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L’Unione Europea rimane priva di una politica comune a livello internazionale nel campo sempre più conflittuale delle migrazioni, e non trova neppure accordi sulle proposte estreme delle destre populiste e nazionaliste al governo in dodici degli Stati membri, che con l’avallo di Salvini e della Meloni, che arrivano a chiedere altri muri blindati ai confini sterni orientali, mentre sembra disinteressarsi di quanto avviene in Nordafrica e nel Mediterraneo, dove i singoli paesi hanno concluso accordi di cooperazione di polizia con paesi terzi come la Libia e l’Egitto nei quali non sono garantiti i diritti umani..”.

Per concludere: “Non si può accettare che la situazione di progressiva erosione dei diritti umani riconosciuti dalle Convenzioni internazionali, determinata dai condizionamenti imposti dagli stessi soggetti politici che poi sfruttano le immagini di abbandono e desolazione che derivano dalle loro politiche,  possa continuare ancora ad aggravarsi nella lunga fase di “convivenza” con la pandemia da Covid-19. Senza una netta separazione tra realtà dei fatti e propaganda politica le decisioni continueranno ad essere prese su un piano inclinato che potrebbe portare presto alla negazione dei diritti fondamentali di tutti, migranti e cittadini. Occorre una proposta complessiva e coraggiosa di svolta politica sui temi dell’immigrazione e del soccorso in mare, dal punto di vista legislativo  e quindi delle prassi applicate,  che segnino una vera discontinuità con quanto finora avvenuto, e che si continua a verificare, malgrado il parziale cambio di governo. Lo stato di emergenza proclamato in occasione della pandemia da Covid-19 rischia di subordinare i diritti umani dei migranti e la libertà di azione di chi li soccorre e presta loro assistenza, ad un astratto interesse generale di carattere sanitario che si presta come grimaldello per scardinare i diritti fondamentali che vanno riconosciuti a qualunque persona quale che sia la sua nazionalità o il suo stato giuridico (come ricorda l’art. 2 del Testo Unico sull’immigrazione n.286 del 1998). 

La società civile e le organizzazioni non governative, per quanto oggetto di pesanti attacchi, proseguiranno nel loro lavoro quotidiano di denuncia. anche con riferimento ai casi di segnalazione di imbarcazioni in difficoltà in alto mare, non soccorse con la dovuta tempestività, o di persone riportate in Libia e scomparse o sottoposte ad altri abusi”.

Un discorso che fa storia, quello di Papa Francesco. E un’analisi, quella di Vassallo Paleologo, che supporta adeguatamente una rivolta delle coscienze in nome di un umanitarismo solidale che sta morendo nel Mediterraneo o sulla rotta balcanica. 

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