Grazie a papa Francesco i lager libici in prima serata, così chi li ha finanziati potrà vergognarsi meglio
Top

Grazie a papa Francesco i lager libici in prima serata, così chi li ha finanziati potrà vergognarsi meglio

Seimilionisettecentotrentunomila. Sono le persone che hanno seguito domenica sei Fabio Fazio. Uno share da record grazie al signore vestito di bianco che ha dato a tutti una lezione di verità.

Grazie a papa Francesco i lager libici in prima serata, così chi li ha finanziati potrà vergognarsi meglio
Papa Francesco
Preroll

globalist Modifica articolo

7 Febbraio 2022 - 17.00


ATF

6.731.000. Seimilionisettecentotrentunomila. Sono le persone che hanno seguito domenica sera che Tempo che fa di Fabio Fazio. Uno share da record grazie al signore vestito di bianco che ha dato a tutti una lezione di verità: Papa Francesco.

Parole scolpite nella pietra

“La guerra è un controsenso della creazione” afferma il Pontefice. “Nella Bibbia Dio crea uomo e donna, ma poi arriva una guerra tra fratelli, uno cattivo contro un innocente, per invidia, e poi una guerra culturale. Si tratta di un controsenso della creazione, la guerra è sempre distruzione. Fare una famiglia, portare avanti la società è costruire, la guerra è distruggere”. Poi il discorso passa immediatamente su coloro che fuggono dalle guerre e dalla miseria: “Con i migranti quello che si fa è criminale, ci sono lager in Libia”, dice Francesco, rimarcando la parola lager, ribadendo che il Mediterraneo è “il cimitero più grande d’Europa” e invitando l’Unione europea a trovare un accordo evitando che l’onere dell’accoglienza ricada solo su alcuni Paesi “come l’Italia e la Spagna”. Gli Stati europei, dice ancora, “dicano quanti migranti possono accogliere”. Perchè il migrante “va accolto, perché è in difficoltà, poi va accompagnato, poi promosso e integrato nella società, questo è molto importante” e “ci sono paesi che con il calo demografico che vivono hanno bisogno di gente, penso a Spagna e Italia, e un migrante integrato aiuta quel paese”. Con i migranti quello che si fa è criminale. Per arrivare al mare soffrono tanto. Ci sono dei filmati sui lager della Libia, che mostrano il dolore di chi vuole fuggire e finisce nelle mani dei trafficanti. Soffrono, poi rischiano per attraversare il Mediterraneo e a volte vengono respinti. Chi ha la responsabilità locale dice no. Capire quanti migranti può accogliere un Paese è un problema di politica interna che va pensato bene. L’Unione Europea deve mettersi d’accordo, l’equilibrio si crea in comunione. Il migrante va sempre acconto, accompagnato, promosso e integrato soprattutto. Ci sono paesi che con il calo demografico che vivono hanno bisogno di gente. Un migrante integrato aiuta quel Paese. La politica migratoria va pensata come politica continentale”.

Bergoglio rimarca più volte la necessità di “farsi carico”. Degli altri, come del Pianeta. “Ci manca il toccare con mano le miserie e il toccarle ci porta all’eroicità, penso a medici e infermieri hanno toccato il male durante la pandemia e hanno scelto di stare lì. Il tatto è il senso più pieno. Toccare è farsi carico dell’altro”.

Il programma è stato seguito da 6.731.000 spettatori pari ad uno share del 25.4%. Un vero e proprio boom per la trasmissione di Rai3, grazie a quel Papa dal volto umano, che invita tutti ad accostarsi alla sofferenza degli altri per scacciare ogni forma di indifferenza. 

Alcuni tweet che facciamo nostri.

 Eleonora Camilli :“L’imbarazzo nel vedere i parlamentari italiani che hanno appoggiato gli accordi con la Libia (anche in fase di rifinanziamento) condividere le parole di Papa Francesco sui migranti”.

Ciro Pellegrino: “Li ha chiamati lager. Tre quarti del Parlamento italiano dovrebbe seppellirsi dalla vergogna”.

Riccardo Iacona: “Vediamo le ingiustizie ma volgiamo lo sguardo dall’altra parte! Quello che facciamo sui migranti è criminale”.

I precedenti

Vergogna. Quella parola viene pronunciata, alta e forte, da Papa Francesco, che al termine dell’Angelus si è detto “molto addolorato” per l’ennesima tragedia nel Mediterraneo con la morte di 130 persone “che per 2 giorni hanno invocato aiuto, un aiuto che non è arrivato. E’ il momento della vergogna”, afferma il pontefice.

Leggi anche:  Papa Francesco chiede di indagare per capire se a Gaza sia in atto un genocidio

Una voce nel deserto. “Questo succede con la Libia: ci danno la versione distillata“. E ancora: “Non immaginate l’inferno che si vive lì”, dove i migranti sono tenuti in “lager di detenzione” e partono “solo con la speranza”. È Dio “che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare“. 

Usa parole durissime papa Francescodurante l’omelia della messa celebrata in occasione del settimo anniversario della sua visita a Lampedusa. Un messaggio contro le ingiustizie, “peccato da cui anche noi, cristiani di oggi, non siamo immuni. Io ricordo quel giorno di sette anni fa, proprio al Sud dell’Europa, in quell’isola”, ha spiegato il Pontefice nella cappella di Casa Santa Marta, parlando a braccio del suo incontro con alcuni migranti arrivati in Italia dopo la traversata del Mediterraneo. Uno raccontava cose terribili nella sua lingua e l’interprete sembrava tradurre bene ma, mentre “il primo parlava a lungo, la traduzione era breve. Pensai: questa lingua per esprimersi ha dei giri più lunghi”. Una volta tornato a Roma, però, una signora – che “era figlia di etiopi e capiva la lingua e aveva guardato l’incontro” – spiegò allo stesso Francesco che “quello che il traduttore ti ha detto non è che la quarta parte delle torture e delle sofferenze che hanno vissuto loro”. Da qui l’attacco alle notizie che arrivano in Europa su ciò che accade sulle coste africane: “Mi hanno dato la versione distillata. Questo succede con la Libia: ci danno la versione distillata”. Il pontefice ha poi dato voce al suo dolore per le condizioni di chi parte in cerca di una vita migliore, citando il versetto del Vangelo che recita: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me“. Questo vale “nel bene e nel male”, ha aggiunto, suggerendo di usarlo “come punto fondamentale del nostro esame di coscienza che facciamo tutti i giorni. Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti“.

Era l’8 luglio 2020. Nove mesi dopo, la situazione è ulteriormente peggiorata. Altre stragi di innocenti, altri respingimenti, e quei lager ancora in funzione. E’ il momento della vergogna. Una vergogna senza fine.

E ancora. Mentre a Montecitorio andava in scena la tragicommedia delle schede bianche all’inizio della “partita del Quirinale”,  in un barcone approdato  a Lampedusa si contavano i cadaveri di persone morte di freddo nell’ennesima strage del mare.

Quanto dolore nel vedere fratelli e sorelle morti in mare perché non li lasciano sbarcare, e qualcuno lo fa ‘nel nome di Dio’”: così  Papa Francesco parlando dei migranti nel corso della Messa per la terza Giornata della Parola.

Durante l’omelia, il Pontefice ha sottolineato l’importanza di prendersi cura del prossimo. “Gesù, all’inizio della sua missione, annuncia una scelta precisa: è venuto per la liberazione dei poveri e degli oppressi. Così, proprio attraverso le Scritture, ci svela il volto di Dio come di Colui che si prende cura della nostra povertà ed ha a cuore il nostro destino”.

Neanche ventiquattr’ore dopo, la notizia della nuova strage di innocenti.

Quella visita storica

Per passare alla storia, un messaggio deve avere tre requisiti: l’autorevolezza di chi lo lancia. Il luogo in cui avviene. La tragicità dell’evento.

Leggi anche:  Cop29, il Papa "Lo sviluppo economico non ha ridotto le disuguaglianze ma favorito il profitto a scapito dei deboli"

Ebbene, quello lanciato a Lesbo da Papa Francesco, ha tutti e tre questi requisiti. “Chiusure e nazionalismi – la storia lo insegna – portano a conseguenze disastrose”.

Così il Papa a Lesbo.

“È un’illusione – ha detto – pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro”. La storia “lo insegna ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso”.

“È triste sentir proporre, come soluzioni, l’impiego di fondi comuni per costruire muri, dei fili spinati. Siamo nell’epoca dei muri, dei fili spinati”, ha detto il Papa. Certo, “si comprendono timori e insicurezze, difficoltà e pericoli. Si avvertono stanchezza e frustrazione, acuite dalle crisi economica e pandemica, ma non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza”. “È invece unendo le forze per prendersi cura degli altri secondo le reali possibilità di ciascuno e nel rispetto della legalità – ha aggiunto -, sempre mettendo al primo posto il valore insopprimibile della vita di ogni uomo”.

“È facile trascinare l’opinione pubblica instillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio?”. Così il Papa. “Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate e grandezza di visione”.

“Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei piccoli corpi di bambini stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi”. “Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte – ha rilevato -. Non lasciamo che il ‘mare nostrum’ si tramuti in un desolante ‘mare mortuum’, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi’ si trasformi nel ‘mare della dimenticanza’. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!”.

Entrato nel Reception and Identification Centre di Mytilene, a Lesbo, Papa Francesco si è diretto a piedi verso il luogo della cerimonia intrattenendosi ungo il tragitto con i profughi in sua attesa, accarezzando in particolare i tanti bambini, spesso molto piccoli, stringendo mani, dispensando sorrisi, saluti e parole di conforto e incoraggiamento. Il Papa si ferma anche ad ascoltare le storie e le invocazioni di alcuni dei rifugiati, delle provenienze più diverse, dall’Asia, al Medio Oriente, all’Africa. Al termine della cerimonia ufficiale, presenti anche la presidente della Repubblica Ekaterini Sakellaropoulou e l’ordinario della diocesi, arcivescovo Josif Printezis, Francesco si fermerà ancora con alcuni rifugiati e visiterà le loro abitazioni. Circa 200, anche qui con diversi bambini, quelli che lo attendono nel luogo dell’incontro, tutti dotati di cuffiette per la traduzione simultanea delle sue parole.I rifugiati sono stati nel frattempo in parte ricollocati o trasferiti in altre isole dell’Egeo, e nel campo di Mytilene, soprannominato dai greci ‘Moria 2.0’, ve ne sono oggi alcune migliaia, con numeri che oscillano tra i 2.000-2.500 e gli oltre 4.000-4.200. Secondo la Caritas, attualmente nelle baracche, tendoni e container risiedono 2.200 persone: in effetti il campo avrebbe una capacità di 8.000 persone ma in questo periodo vengono accettati meno rifugiati per ragioni legate al Covid. Le provenienze vanno dalle zone di conflitto dell’Asia e del Medio Oriente fino a quelle dell’Africa. Le condizioni di vita nel campo sono migliorate rispetto a quello di ‘Moria’, considerato una sorta di inferno, ma sempre molto dure, e le attese dei permessi di asilo in Europa lunghissime. Molte le famiglie con bambini anche in tenerissima età.

Leggi anche:  Così Papa Francesco invita a riscoprire il "cuore" per affrontare le sfide sociali, economiche e spirituali

Francesco il “picconatore”

“Il continente europeo ha bisogno di riconciliazione e unità, ha bisogno di coraggio e di slancio per camminare in avanti. Perché non saranno i muri della paura e i veti dettati da interessi nazionalisti ad aiutarne il progresso, e neppure la sola ripresa economica potrà garantirne sicurezza e stabilità”. Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso alle autorità e alla società civile di Cipro al Palazzo presidenziale di Nicosia. “Guardiamo alla storia di Cipro – ha aggiunto – e vediamo come l’incontro e l’accoglienza hanno portato frutti benefici a lungo termine”.  

Non è la prima volta che Bergoglio veste i panni del “picconatore”.  “La storia in questi ultimi decenni ha dato segni di un ritorno al passato: i conflitti si riaccendono in diverse parti del mondo, nazionalismi e populismi si riaffacciano a diverse latitudini, la costruzione di muri e il ritorno dei migranti in luoghi non sicuri appaiono come l’unica soluzione di cui i governi siano capaci per gestire la mobilità umana.”  E’ il messaggio di Papa Francesco inviato al Centro Astalli, servizio dei Gesuiti per i Rifugiati in Italia, il 16 novembre scorso, in occasione dei suoi 40 anni di attività nel campo dell’assistenza ai più deboli e agli emarginati. Messaggio che è anche un chiaro riferimento alla recente decisione della Polonia di risolvere la crisi delle migliaia di rifugiati al confine con la Bielorussia, con la costruzione di un muro. “Tuttavia in questi 40 anni e in questo deserto – prosegue il Pontefice –  ci sono stati segni di speranza che ci permettono di poter sognare di camminare insieme come un popolo nuovo verso un noi sempre più grande”.  Il Pontefice torna sulle motivazioni e le conseguenze che muovono i flussi migratori: ​”Il numero delle persone costrette a fuggire è in continua crescita. Molti tra voi sono dovuti scappare da condizioni di vita assimilabili a quelle della schiavitù dove alla base c’è una concezione della persona umana deprivata della propria dignità e trattata come oggetto”, perché, sottolinea Bergoglio, la guerra è “terribile e spregevole” e spesso non c’è altra possibilità che “mettervi in cammino verso un luogo sicuro in cui realizzare sogni, aspirazioni, in cui mettere a frutto talenti e capacità”. E “voi, cari rifugiati, siete segno e volto di questa speranza” anche grazie al “coraggio” nell’affrontare difficoltà “che a molti possono sembrare insormontabili”. 

Ora quei lager sono andati in prima serata Tv. Portati da un signore vestito di bianco. Ed ora? Tra quei 6milioni e passa di spettatori c’erano anche i parlamentari che hanno votato quel finanziamento vergognoso alla Guardia costiera libica. Ed ora?

Native

Articoli correlati