Ed ora abbiate la decenza di non fare una classifica dei profughi: quelli di serie A e quelli che neanche in serie Z. Perché anche questo può accadere nella “civile” Europa. Sei ucraino? Cittadina/o ucraino? Beh, allora forse puoi entrare. E te, dico a te che hai la carnagione scura o fattezze arabe…Sei afghano, siriano? Niente da fare, non si passa.
Siamo alla solidarietà “selettiva”. A lanciare l’allarme è Oxfam.
L’altro ieri, nel corso di una seduta del Consiglio Affari Interni della UE, è stata finalmente approvata, all’unanimità, l’applicazione della Direttiva sulla Protezione Temporanea per le persone in fuga dal conflitto in Ucraina. La Direttiva consente l’accesso a un permesso di soggiorno rinnovabile fino a tre anni, con possibilità per i titolari di accedere al mercato del lavoro, alla scuola, ai sistemi di welfare dei paesi ospitanti.
“E’ un momento davvero significativo, a fronte di un’emergenza che ha portato in meno di una settimana oltre 1 milione di profughi in Polonia, Ungheria, Romania, Moldavia e paesi limitrofi. Ci auguriamo che questo sia solo il primo passo verso un cambio di prospettiva a livello europeo nella gestione dei flussi migratori – afferma Giulia Capitani, policy advisor di Oxfam Italia su migrazione e asilo – La Direttiva, messa a punto nel 2001 in seguito alle guerre nella ex Iugoslavia, non era mai stata applicata, nonostante tante fossero state le situazioni di crisi che lo avrebbero reso necessario, dalla Siria all’Afghanistan. L’UE si era sempre mostrata sorda alle richieste delle società civile.”
Quanto deciso giovedì a Bruxelles prevede tra l’altro un meccanismo di ripartizione dei profughi tra gli Stati Membri, fronte su cui dal 2015 non si è mai trovato un accordo.
Protezione sì, ma non per tutti
Bisogna però chiarire che l’applicazione della Direttiva è tutt’altro che priva di ombre. Il testo proposto al Consiglio prevedeva il rilascio dei permessi di soggiorno ai cittadini ucraini, ai migranti presenti nel Paese con permesso di soggiorno di lungo periodo o per richiesta asilo, e ai loro familiari. Palese dunque l’esclusione di diverse categorie, prime fra tutti i migranti presenti irregolarmente, magari perché con permesso scaduto, o i titolari di permessi di soggiorno di breve periodo.
“Se pensiamo alle ragioni dell’applicazione della Direttiva, questo è inconcepibile: parliamo di gente che fugge da una guerra, e le bombe cadono su tutti – continua Capitani – E’ ormai noto quanto sta accadendo in questi giorni al confine polacco, dove i cittadini ucraini vengono fatti passare, e i migranti provenienti da paesi dell’Africa o del Medio Oriente, principalmente studenti universitari, vengono ricacciati indietro. Durante la discussione di ieri pomeriggio, poi, i paesi del blocco di Visegrad e l’Austria avevano addirittura chiesto l’esclusione di tutti i migranti, anche da tempo legalmente presenti in Ucraina. Il testo finale è quindi frutto di un compromesso dell’ultima ora: gli Stati Membri potranno decidere se concedere, ai migranti in fuga dall’Ucraina, la protezione temporanea, o incanalarli in altre procedure, come quella d’asilo, secondo le normative nazionali. Dove però le richieste di protezione possono essere respinte, e le persone espulse”.
“Sarà necessario monitorare attentamente l’applicazione della Direttiva nel nostro Paese, e le discussioni sul Patto Europeo su Migrazione e Asilo, che stanno andando in tutt’altra direzione: l’Europa in questi anni ha dato una terribile prova di sé, attuando politiche migratorie lesive dei diritti delle persone e chiaramente volte a ostacolare l’accesso alla protezione di quanti in fuga da guerre, violenza, povertà – conclude Capitani – Ora ha dimostrato di avere la capacità di reagire prontamente ai bisogni di protezione dei rifugiati. Non si deve tornare indietro: l’apertura dimostrata verso il popolo ucraino deve estendersi, senza discriminazioni, a tutte le persone in cerca di protezione, cessando i respingimenti alle frontiere e garantendo l’applicazione del diritto internazionale”.
Armi all’Ucraina, pagate con i soldi della Cooperazione
A denunciarlo in un colloquio con l’agenzia Dire, sempre molto attenta a queste problematiche, è Silvia Stilli, portavoce dell’Associazione delle ong italiane (Aoi).
“Un governo che deve affrontare una guerra può occuparsi anche di fare assistenza umanitariaper la popolazione? No, e infatti in Ucrainale persone in questi giorni vengono aiutate dalle ong locali e internazionali, tra cui tante italiane che operano anche in Polonia o Moldavia. Nonostante ciò, il nostro governo ha stanziato 110 milioni di euro in aiuti umanitari da destinare non a loro, che sono presenti sul terreno, bensì all’esecutivo di Kiev che in questo momento non si capisce neanche dove sia e quanto margine di manovra abbia”.
Con la Dire, Stillicommenta l’annuncio del governo italiano sullo stanziamento di 110 milioni di euro in “budget support” per l’Ucraina. Per la portavoce dell’Aoi Ptale decisione presenta vari aspetti critici: “Primo, si tratta didenaro dato direttamente per le esigenze del governo ucraino, non vincolato a specifiche emergenze.Inoltre è stato preso dal fondo perl’Aiuto pubblico allo sviluppo“, in pratica il denaro che l’Italia accorda al ministero degli Esteri per finanziare gli interventi di cooperazione delle ong nei Paesi terzi.
Tale fondo, calcola Stilli, “con le integrazioni della legge di bilancio dovrebbe arrivare a 300 milioni di euro, ma devono essere ancora inseriti e per ora siamo a 240 milioni. È già una cifra contenuta rispetto alla mole di interventi che andrebbero fatti all’estero, e noi, per raggiungerla, ci siamo dovuti battere a lungo. Ora, circa la metà viene decurtata e assegnata a un governo che affronta una guerra, e che sarà quindi libero di impiegarla come meglio crede”.
Riducendo il fondo all’Aiuto pubblico, avverte Stilli, “ne risentiranno quelle organizzazioni umanitarie che operano in gravi contesti umanitari e di crisi come l’Etiopia, la Siria, lo Yemen oppure il Mali o il Niger”, ossia i Paesi da cui parte la maggior parte dei profughi che bussano alle porte dell’Europa. Secondo, dice la portavoce, “il governo italiano ha preso questa decisione senza neanche consultare noi che rappresentiamo il terzo settore”. Stilli avverte: “Il Terzo settore parteciperà a un incontro con Andrea Orlando al ministero per il Lavoro e le politiche sociali solo oggi pomeriggio”.
Terzo, ma non meno importante, il tema delle armi all’Ucraina. “Se da un lato si negano fondi alle ong presenti in Ucraina dall’altro si aumentano gli armamenti al Paese” lamenta Stilli. “Naturalmente riconosciamo il diritto inalienabile di un popolo di difendersi. Ma bisogna allora dire con chiarezza che l’Italia ha deciso di prendere le distanze dalla sua Costituzione – che all’articolo 11 ripudia la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti – e dal ruolo delle Nazioni Unite”.
La portavoce inquadra il sostegno militare italiano nella più ampia
Decisione dell’Ue di attivare per la prima volta l’European Peace Facility (Epf) per fornire all’esercito ucraino armi ed equipaggiamenti. L’Epf è dotato di un fondo di 5,7 miliardi e in questi giorni la Commissione ha proposto agli Stati Ue di mobilitare 500 milioni per Kiev, pari a un decimo del budget complessivo.
“L’Italia si è lasciata trascinare da una Ue debole e schizofrenica che tenta di assumere un ruolo a livello internazionale, commettendo un doppio errore strategico: agisce senza l’appoggio della Nato, che stimola ma non interviene, e decide senza consultare le Nazioni Unite. La risoluzione di condanna dell’operazione russa in Ucraina attraverso l’Assemblea generale dell’Onu è arrivata dopo”. Anche sul piano delle sanzioni, “sono arrivate in modo tentennante e poi, come stiamo continuando a vedere, non stanno fermando l’offensiva di Mosca”.
Per Stilli, la soluzione per l’Ucraina resta la diplomazia. “Bisogna recuperare il ruolo delle Nazioni Unite sul piano dei negoziati” dice. “Senza, si perdono spazi di manovra e a rimetterci è la popolazione, come abbiamo visto ieri: la Russia ha annunciato in modo unilaterale i corridoi umanitari. Ora dobbiamo impegnarci per ottenere da Mosca che almeno le agenzie Onu possano monitorare i corridoi ed essere pienamente operative sul territorio assieme alle ong già presenti”.
Cinquantamila “neutrali attivi”
E’ la neutralità attiva invocata nella grande manifestazione nazionale di Roma. organizzata dalla Rete Pace e Disarmo contro la guerra e l’invasione russa in Ucraina. ‘Cessate la guerra, Europe for peace’, è il motto della mobilitazione. In testa una lunga bandiera con l’arcobaleno della pace, retta dai manifestanti. Partecipano migliaia di persone (50mila secondo gli organizzatori), fra cui giovani, famiglie e bambini. “Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari – si legge nel testo di convocazione – Protezione, assistenza, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua e cultura. Siamo con la società civile, con le lavoratrici e i lavoratori ucraini e russi che si oppongono alla guerra con la nonviolenza”. E infine si schierano contro “l’allargamento della Nato” e favore della “sicurezza condivisa”. Dai promotori arrivano anche forti critiche alla scelta di inviare armamenti sul campo di battaglia, fatta anche dall’Italia.
Secondo Francesco Vignarca, della Rete Pace e disarmo, “l’invio di armi non serve alla pace. Questa non è una posizione di etica morale dei pacifisti. È una cosa concreta: inviare le armi, in Libia, in Afghanistan, in Iraq, non è mai servito a migliorare niente. In quel caso addirittura non si trattava nemmeno di eserciti così strutturati. In tutto ciò ci sono problemi logistici: non si sa a chi possono finire in mano. Possono diventare non lo strumento che ferma il conflitto ma che lo alimenta”. Inoltre, sostiene sempre Vignarca, inviare armamenti “è un modo indiretto che l’Europa sta avendo per entrare in un conflitto. Per alcuni forse è anche un modo per lavarsi la coscienza”.
“Bisogna fermare la guerra, chiedere l’intervento dell’Onu, che sia presente al tavolo delle trattative. La strada non è l’invio delle armi, ma il ricorso alla massima diplomazia“. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Non possiamo accettare la guerra come strumento di relazione tra stati. Serve ogni sforzo per fermarla. È importante che il movimento sindacale e della pace sia in piazza”, ha sottolineato. In merito alla decisione della Cisl, che ha preferito non aderire, ha commentato: “È una scelta che rispetto. È importante che le persone siano qui”. Il prossimo obiettivo è organizzare una “grande giornata di mobilitazione dei lavoratori europei per fermare la guerra. Il ruolo dell’Europa è decisivo”, ha chiuso. ”. Fra le altre organizzazioni che hanno aderito alla manifestazione ci sono: Arci, Acli, Libera, Emergency, Legambiente, Cgil, Movimento Nonviolento, Un Ponte Per, Archivio Disarmo, Associazione Ong Italiane, Link 2007, Rete della Conoscenza, Anpi, Greenpeace.
Dal camion alla testa del corteo suonano tutti i brani incentrati sul rifiuto della guerra, come ‘Il mio nome è mai più’. Spiccano cartelloni e striscioni: ‘Più facile mandare armi che proporsi mediatori di pace’; ‘No invio armi’ ; ‘la pace dipende anche da te’; ‘Fuori la guerra dalla storia’: sono solo alcuni delle scritte che si leggono su striscioni e cartelli.
Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, quella di Roma “è una piazza enorme, preceduta da tante altre piazze, che dice cose molte chiare: questa guerra deve essere fermata immediatamente, la popolazione civile Ucraina deve essere protetta, la popolazione russa che esprime dissenso contro la guerra deve essere tutelata. Occorre che i combattimenti si fermino, che i corridoi umanitari partano, che l’assistenza e l’accoglienza alle frontiere ucraine funzionino davvero”. Noury, che sta partecipando al corteo, ha chiuso: “Sono 30 anni che passiamo da una capitale europea all’altra bombardata: Sarajevo ’92, Belgrado ’98, Kiev 2022. E’ ora che l’Europa diventi protagonista di pace, proponga pace, non cada nella tentazione di prendere le parti di una guerra o dell’altra”.
Per tutte e tutti, vale quanto ebbe a sostenere più volte Gino Strada: “Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. E non mi piace la parola “utopia”; preferisco parlare di “progetto non ancora realizzato.” E ancora: “Se la guerra non viene buttata fuori dalla storia dagli uomini, sarà la guerra a buttare fuori gli uomini dalla storia”.
Il vero realista è l’utopista. Avevi proprio ragione, caro Gino.