Molto spesso si sente parlare di come la società maschilista di cui facciamo parte vada a danneggiare il genere femminile: ormai quotidianamente capita di ascoltare al telegiornale casi di violenze sessuali o di femminicidi, così come è all’ordine del giorno la differenza salariale esistente tra uomini e donne anche nel caso di mestieri identici.
Il genere femminile è, purtroppo ancora anche nel 2023, costretto a subire le conseguenze della società patriarcale in cui è immerso. Se la donna in occidente gode di meno “privilegi” rispetto all’uomo, la situazione peggiora drasticamente se ci si allontana dai paesi vicini alla nostra cultura e alla nostra tradizione: in giro per il mondo ci sono decine e decine di Stati dove la donna è considerata poco più che un oggetto, per di più di proprietà prima del padre e poi del marito. Insomma, un vero incubo agli occhi di noi occidentali.
Tuttavia, quasi paradossalmente, le donne non sono le uniche vittime di questa concezione maschilista. La responsabilità che grava sugli uomini in quanto esseri forti, senza paura né fragilità, può finire per danneggiare gli stessi. I ragazzi più sensibili possono diventare vittime di un sistema che gli impone di essere sempre indistruttibili e di non lasciarsi mai abbandonare alla propria emotività.
“Boys Don’t Cry”: mascolinità tossica
“Boys Don’t Cry” (“i ragazzi non piangono”) non è solo il titolo di un film che ha riscosso parecchio successo negli ultimi vent’anni, ma è anche l’espressione che racchiude perfettamente la concezione dell’uomo come essere insensibile, al quale non è concesso esternare le proprie emozioni.
Gli appena elencati stereotipi di genere si possono racchiudere nel concetto di “mascolinità tossica”, ovvero una concezione secondo cui un maschio deve rispettare dei requisiti fondamentali di base come la forza, il potere e l’anti-femminilità, per essere considerato un “vero uomo”. Varie sono le situazioni che possono portare all’esclusione (o all’auto-esclusione) sociale dell’uomo. Eccone alcune.
Micropene
Il micropene è una condizione clinica caratterizzata da dimensioni molto ridotte del pene, che però rimane uguale agli altri nell’aspetto, nella struttura e nelle funzioni. Il micropene non va confuso con un pene di piccole dimensioni, in quanto il primo è una condizione molto rara che affligge una piccolissima percentuale di persone. Esso può essere causato da uno squilibrio ormonale che comporta un’insufficiente produzione di testosterone ad opera dell’ipotalamo; ciò comporta, a sua volta, un mancato sviluppo adeguato dei genitali maschili.
Il micropene viene diagnosticato alla nascita, quando le dimensioni medie dovrebbero essere di almeno 2.8 centimetri. Il valore soglia al di sotto del quale si diagnostica questa particolare condizione è di 1.9 centimetri.
Possibili rimedi possono essere:
- una terapia ormonale, iniziata in tenera età tramite iniezioni di testosterone;
- falloplastica, cioè un’operazione chirurgica da poter effettuare in caso di insuccesso della terapia ormonale;
- accettare il proprio corpo. È forse questa la soluzione migliore, comprendendo che il micropene non impedisce di avere rapporti sessuali e che non c’è nulla di cui vergognarsi se il proprio corpo presenta questa condizione.
Tuttavia, per quanto sia facile consigliare di “accettare il proprio corpo”, è semplice intuire le ripercussioni a livello psicologico che una condizione simile può comportare. Il pene infatti è la perfetta rappresentazione del concetto di mascolinità di cui si è precedentemente parlato.
Se al vero uomo non è permesso piangere, come si può pensare che gli sia concesso di presentare caratteristiche inusuali nell’organo che più racchiude il concetto di virilità? Tutto ciò comporta che le persone che presentano il micropene abbiano dei gravi problemi di autostima, nonché difficoltà nelle relazioni sociali ed in quelle romantiche.
Lo stereotipo del pene grande e prestante affligge coloro che presentano condizioni particolari, portandoli a sentirsi emarginati e strani, causando un senso di vergogna particolarmente difficile da eradicare. Date le problematiche psicologiche alle quali questa condizione può portare, il consiglio è quello di rivolgersi ad una figura professionale.
Dimensioni del pene
Un altra problematica simile è quella legata alle dimensioni del pene. Qui non si parla di una condizione clinica riconosciuta, come lo era il micropene, quanto più di un sentimento di vergogna e di inferiorità che si può provare nell’avere un pene di dimensioni “sotto la media”.
La lunghezza media in Italia è infatti di 15,35 centimetri ed un valore inferiore a questo può essere causa di insicurezza e problemi di autostima. Anche in questo caso va ricordato che a determinare la soddisfazione derivante da un rapporto non è solamente la lunghezza del pene, che risulta in molti casi addirittura marginale. Altre cause che concorrono alla soddisfazione di un rapporto possono essere la complicità, il conoscersi, il sentirsi desiderati e la chimica presente tra i partner.
Anche quando si parla di dimensioni del pene “sotto la media”, quindi, il fattore psicologico che spesso porta all’inibizione risulta un ostacolo molto più grande da superare rispetto alla ridotta lunghezza del pene.
Avere “pochi” rapporti sessuali o poche partner
Questa è una delle cause più frequenti che portano al senso di umiliazione degli uomini e più in particolare degli adolescenti, nella maggior parte dei casi. Se è vero che la concezione patriarcale e maschilista pone il preconcetto che sia l’uomo a dover “conquistare” la donna, la diretta conseguenza è che un una donna che frequenta tanti uomini sia una donna che si concede a chiunque (e ciò è visto con disprezzo), mentre un uomo che riesce ad ottenere il consenso di tante donne sia da ammirare, in quanto forte e virile.
Tuttavia, va analizzata anche l’altra faccia della medaglia, capendo le ripercussioni che scaturiscono da questo tipo di impostazione mentale. Se un uomo che va a letto con tante donne è da lodare, imitare ed invidiare, al contrario chi non consuma rapporti sessuali con particolare frequenza sarà visto come uno sfigato e come un ragazzo che non riesce a compire il suo dovere da uomo.
Continuando il ragionamento, questi fattori porteranno la persona in questione a sentirsi “inferiore” agli altri e gli causeranno problemi di autostima; quest’uomo potrebbe quindi provare un senso di inadeguatezza che lo potrebbe portare ad evitare situazioni romantiche e/o sentimentali. Tutto questo si traduce in una ancora maggiore difficoltà a “conquistare” altre donne e si va ad alimentare quindi un pericolosissimo circolo vizioso che può sfociare anche in problematiche psicologiche molto complesse.
L’uomo deve prendersi cura di tutte le spese
E’ tutt’oggi piuttosto diffusa l’usanza che, perlomeno durante le prime frequentazioni, sia l’uomo a doversi fare carico della “galanteria” e offrire cene, aperitivi, cinema e quant’altro alla donna.
Molti sono gli uomini a cui viene dato del tirchio se non pagano tutto ai primi appuntamenti e questo è sbagliato. Un ottimo passo di emancipazione che le donne possono fare, è proprio quello di offrire loro stesse di pagare il conto o perlomeno di fare a metà.
Sebbene in media gli uomini abbiano uno stipendio un po’ più alto, non è sempre così ed anzi, sono sempre più numerosi i casi di donne lavorativamente più intraprendenti del proprio partner e con guadagni più alti.
Conclusioni
Quello che va capito è che bisogna abbandonare i luoghi comuni che vedono l’uomo come figura che presenti necessariamente forza, sicurezza, controllo ed imperturbabilità.
L’eccessiva pretesa di virilità provoca un sentimento di vergogna ed inadeguatezza in chi non rispetta i classici canoni del “maschio alpha” e che si sente emarginato se non veste i panni del “macho-man” di turno. L’errore da non fare è quello di pensare che siano sempre “gli altri” o “la società” a pensarla così: quello che succede in realtà è che quasi tutti, consapevolmente o meno, finiscono per contribuire a questo tipo di narrazione di cui molte persone sono vittima.
La correttezza sta nei piccoli gesti, nel rispetto delle diversità che ogni essere umano presenta, a prescindere dal suo genere e dalle pretese sociali che da esso derivano. Normalizzando la corretta percezione della virilità maschile, a beneficiarne sarebbero tutti: uomini e donne.