Il vaccino mRna più l'immunoterapia per il melanoma riduce i rischi di recidiva
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Il vaccino mRna più l'immunoterapia per il melanoma riduce i rischi di recidiva

L'aggiunta di un vaccino a mRna sperimentale all'immunoterapia per il melanoma ha ridotto del 44% la probabilità che il tumore si ripresenti o causi decesso, rispetto alla sola immunoterapia.

Il vaccino mRna più l'immunoterapia per il melanoma riduce i rischi di recidiva
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18 Gennaio 2024 - 02.33


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Dati interessanti:  l’aggiunta di un vaccino a mRna sperimentale all’immunoterapia per il melanoma ha ridotto del 44% la probabilità che il tumore si ripresenti o causi decesso, rispetto alla sola immunoterapia.

 Sono i dati che emergono da un nuovo studio clinico, e che molti esperti aspettavano di discutere e analizzare, dopo che nei giorni scorsi la promessa dei vaccini contro il cancro era tornata sotto i riflettori, proprio con l’azienda Moderna che esprimeva ottimismo guardando al 2030 come orizzonte temporale per la concretizzazione di queste armi nuove.

«Attendiamo i dati», era stata la reazione di specialisti e associazioni. Quelli disponibili sul mix vaccino a mRna-immunoterapia contro il melanoma arrivano da uno studio randomizzato di fase 2b e sono stati presentati al meeting annuale dell’American Association for Cancer Research a Orlando, in Florida. Il trial condotto dai ricercatori della NYU Langone Health e del suo Perlmutter Cancer Center, ha coinvolto uomini e donne sottoposti a intervento chirurgico per rimuovere il melanoma dai linfonodi o da altri organi. Pazienti ad alto rischio di recidiva della malattia in siti distanti dal tumore originale.

I partecipanti allo studio sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi: 107 hanno ricevuto la combinazione del vaccino sperimentale mRna-4157/V940 con pembrolizumab, e 50 hanno ricevuto solo pembrolizumab. Il vaccino è stato somministrato ogni tre settimane per un totale di 9 dosi dosi e il pembrolizumab è stato somministrato ogni tre settimane per un massimo di 18 cicli. 

Nel gruppo che ha ricevuto il mix, si sono verificate recidive nel 22,4% dei pazienti (24), mentre nel gruppo trattato solo con pembrolizumab il cancro è tornato nel 40% dei pazienti, entro 2 anni dal follow up. Secondo i risultati dell’analisi primaria dello studio, dopo 18 mesi la sopravvivenza libera da recidiva era del 78,6% nel braccio che ha ricevuto la combinazione, e del 62,2% in quello con solo pembrolizumab, corrispondente a una riduzione del 44% del rischio di recidiva o morte nei pazienti sottoposti a entrambi i trattamenti.

La maggior parte degli eventi avversi correlati sono stati lievi e i tassi di eventi avversi gravi erano comparabili tra i due bracci dello studio, ha affermato l’autore che ha presentato il trial, Jeffrey Weber, vicedirettore del NYU Langone Perlmutter Cancer Center. «Per la prima volta in uno studio randomizzato con un braccio di controllo, l’aggiunta di un vaccino a mRna sembra aumentare il beneficio dell’anti PD-1», il trattamento immunoterapico, «senza aggiungere una significativa tossicità di alto grado. 

Questo studio è straordinariamente importante, perché fa sperare che questa nuova strategia fornisca benefici clinici», ha sottolineato l’esperto. Dal lavoro emerge infatti che «un vaccino a mRna neoantigenico, se usato in combinazione con pembrolizumab, ha prodotto un tempo prolungato senza recidiva o morte rispetto al solo pembrolizumab». 

Gli studi di fase 2 come questo forniscono rassicurazioni preliminari sul fatto che un trattamento è probabilmente migliore di un altro e portano a trial più ampi. Weber ha annunciato che gli studi di fase 3 sul vaccino più immunoterapia (rispetto al solo pembrolizumab) sono già pianificati alla NYU Langone Health e in altri centri medici a livello globale. I risultati dello studio presentato hanno portato la Food and Drug Administration degli Usa a febbraio a concedere la designazione di `Breakthrough Therapy´ al vaccino mRna-4157/V940 in combinazione con pembrolizumab.

Come il vaccino anti-Covid, anche quelli anticancro sono basati sull’Rna messaggero. Sono progettati per insegnare al sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali come diverse dalle cellule normali. Nel progettare un vaccino contro il melanoma, i ricercatori hanno tentato di innescare una risposta immunitaria a specifiche proteine anomale, chiamate neoantigeni, prodotte dalle cellule tumorali. Poiché a tutti i volontari dello studio è stato rimosso il tumore, i ricercatori sono stati in grado di analizzare le loro cellule per i neoantigeni specifici di ciascun melanoma e creare un vaccino «personalizzato» per ciascun paziente. 

Di conseguenza, sono state prodotte cellule T specifiche per le proteine del neoantigene codificate dall’mRna. Quelle cellule T potrebbero quindi attaccare qualsiasi cellula di melanoma che cerca di crescere o diffondersi nell’organismo del paziente. Lo studio è stato finanziato da Moderna e Merck (che produce pembrolizumab).

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