E’ un po’ meno di una notizia e un po’ più di un’impressione. A voler essere precisi: è una “notizia” estrapolata da un commento. Meglio, da una serie di commenti. In sintesi, ecco di che si tratta: Twitter è di sinistra. Il social network dei velocissimi cinguettii (dove ci si scambia messaggi al massimo di centoquaranta battute) è il terreno privilegiato d’azione dei liberal, dei progressisti. Della sinistra, diremmo in Italia.
Come ci si arriva a questa conclusione? Tutto parte dal Guardian, autorevolissima testata britannica che non ha mai nascosto la sua collocazione anti-establishment. Una delle “penne” di punta del giornale, la columnist Suzanne Moore, da tempo – sul quotidiano ma soprattutto sul suo blog – sta riflettendo sui nuovi comportamenti indotti dalla diffusione dei social network. Ed è molto critica su Twitter: perché – sostiene – “lì, ognuno sceglie chi seguire”. E lo si fa senza fantasia: si diventa followers solo di chi la pensa, più o meno, allo stesso modo. Si segue insomma solo le persone che appartengono alla stessa area. Politica, culturale, filosofica. Per avere notizie ma soprattutto – sostiene – per avere conferma delle proprie scelte. “Ci sarebbe, invece, un intero mondo oscuro, fatto da chi la pensa diversamente, che sarebbe interessante esplorare. Ma non la fa nessuno”. Questa, in linea di massima, la sua posizione. Dentro queste riflessioni, Suzanne Moore, butta lì però una frase così: “Dovrei dire il contrario visto che Twitter è diventato territorio privilegiato della sinistra liberal ma nonostante questo per me è sempre meno interessante“.
Terreno privilegiato della sinistra, dice. Certo, potrebbe trattarsi di una sua semplice impressione. Che lascierebbe il tempo che trova. Ma la conferma, o almeno una conferma, arriva dalla “sponda opposta”, dai conservatori. Arriva dalle riflessioni di Peter Hitchens. Anche lui è un editorialista, scrive sul Mail on Sunday, giornale dichiaratamente di destra. E Hitchens in particolare non si può definire solo un giornalista: è animatore del dibattito culturale fra le fila dei conservatori, è sempre in prima fila in tutte le battaglie reazionarie, spesso più che discutere si limita a provocare. Una sorta di Sallusti d’oltre Manica, insomma. Bene, Peter Hitchens, intervenendo sull’argomento dice di condividere le tesi della sua collega (“Twitter rischia di essere propedeutico alla massificazione delle menti…”) ma ammette senza imbarazzi: “Comunque io non lo frequento perché è evidente l’orientamento di sinistra della maggioranza dei suoi utenti”.
A questo punto, il Guardian ha preso la palla al balzo e ha chiesto all’esperto di turno (ogni mondo è paese) che cosa ne pensasse. E Rachel Gibson, titolare della cattedra di Scienze Politiche a Manchester – conosciutissima nel mondo Web per i suoi studi sulle nuove forme della comunicazione politica – conferma. Anche per lei Twitter “tende a sinistra”, anche se fornisce una spiegazione forse fin troppo facile: gli utenti del social network rapido sono in genere in possesso di un livello di istruzione più elevato della media. Un tratto che, almeno nel vecchio continente, contraddistingue le persone aperte di mentalità, progressiste. Appunto, tendenzialmente di sinistra.
Resta un problema, però. Su Twitter si ritroverebbero soprattutto persone di sinistra. Ma quello “spazio pubblico” tutto sembra meno che di sinistra. Per raccontare solo l’ultima, di questi giorni: Twitter ha deciso che non consentirà più la ricerca fra i suoi iscritti tramite Tumblr (un altro social network, dove lo scambio di informazioni avviene quasi soprattutto con immagini e video; un social network in fortissima crescita). Per gli utenti di Tumblr sarà ora impossibile cercare una persona su Twitter con cui condividere un progetto; cosa che prima, invece, avveniva con un semplice click. E lo stesso era accaduto, un mese fa, per gli utenti di Instagram.
Perché Twitter mette questi divieti? Perché su Twitter, lo si è detto, le persone cercano soprattutto i loro interessi, più che gli “amici”, come avviene per esempio su FaceBook. Ed è facile intuire che conoscere, “tracciare” gli interessi di un utente, consente di fare pubblicità mirata. Twitter, insomma, ha rotto le connessioni con gli altri social network perché vuole tenere tutti per sé i dati dei propri iscritti. Che, come si sa, sono esattamente il petrolio del terzo millennio, una fonte – per ora inesauribile – di ricchezza.
E così, a conti fatti, la sinistra si ritrova in uno spazio che non le dovrebbe essere congeniale, così la sinistra si dà appuntamento in uno spazio virtuale dove la legge del mercato la fa da padrone. Ma questa è un’altra storia e soprattutto è una vecchia, vecchissima storia.
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