Assalto in Rai dei falsi programmisti registi
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Assalto in Rai dei falsi programmisti registi

La Cassazione: programmista regista Rai = redattore. Il lavoro giornalistico è subordinato quando comporta lo stabile inserimento nell'organizzazione aziendale. <br>

Assalto in Rai dei falsi programmisti registi
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31 Agosto 2012 - 10.40


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Il giornalista Stefano M. per più di tre anni ha lavorato per la Rai con contratti di vario tipo: “presentatore e regista” con contratto di lavoro autonomo per “Misteri”; con contratti a tempo determinato come “programmista regista” per lo stesso programma; con contratto a tempo determinato come “programmista regista” per il programma “Porta a porta”. Poi ha deciso di chiedere al Tribunale di Roma di accertare l’esistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e di riconoscergli il diritto all’applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico con la qualifica di redattore.

Il Tribunale ha rigettato la domanda. In appello la Corte di Roma ha invece ritenuto l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato ed ha affermato il diritto del ricorrente alla qualifica di redattore ordinario. La Rai ha proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha dato torto alla Rai. In particolare la Corte ha ritenuto non condivisibile la tesi della Rai secondo cui ai fini dell’accertamento della natura giornalistica della prestazione sarebbe decisiva “la sussistenza o meno del potere del lavoratore di firmare il pezzo respingendo eventuali modifiche apportare da altri”. Non conta la firma ma il lavoro.

Interessante come viene definito giuridicamente il lavoro giornalistico. “Costituisce attività giornalistica la prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, con il compito di acquisire la conoscenza, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e predisporre il messaggio con apporto soggettivo e creativo […] che costituiscono gli elementi differenziatori rispetto ad altre professioni intellettuali […]”.

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Ma la Corte è andata oltre con un esempio. “Il tele-foto-cine operatore assume la qualifica di giornalista ove lo stesso non si limiti a riprendere immagini destinate ad un giornale, scritto o parlato, ma, dovendo realizzare la trasmissione di un messaggio, effettui con continuità, in condizioni di autonomia tecnica, per il datore di lavoro, riprese di immagini di valenza informativa, tali da sostituire o completare il pezzo scritto o parlato, e, successivamente, partecipi alla selezione, al montaggio e, in genere, all’elaborazione del materiale filmato o fotografo in posizione di autonomia decisionale […]”.

Ancora. “L’attività giornalistica si caratterizza, quindi, non tanto per la sussistenza del potere di firma del pezzo e della possibilità di respingere eventuali modifiche apportate da altri, quanto piuttosto per l’oggetto precipuo della prestazione intellettuale resa consistente nella raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione, valutandone la rilevanza e predisponendone il messaggio con apporto soggettivo e creativo”. In più Stefano M. realizzava i servizi affidatigli ricercando ed elaborando notizie su avvenimenti di attualità […].

La questione del lavoro subordinato. “In tema di attività giornalistica la subordinazione non può che essere apprezzata […] al carattere intellettuale e/o creativo della prestazione, e alla peculiarità dell’attività cui la stessa s’inserisce; pertanto, proprio in considerazione della peculiarità delle specifiche mansioni svolte che lasciano un certo margine di autonomia e del carattere collettivo dell’opera redazionale cui s’inseriscono, la subordinazione ex art. 2094 c.c., intesa quale inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e dal suo assoggettamento ai poteri direttivi e organizzativi nonché disciplinari del datore di lavoro […]”.

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Peggio (per l’editore). “La subordinazione non è esclusa quando il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, […] ovvero allorché non sia impegnato in un’attività quotidiana, la quale, invece, contraddistingue quella del redattore, ovvero, altresì, nell’ipotesi in cui l’attività informativa sia soltanto marginale rispetto ad altre diverse svolte dal datore di lavoro, ed impegni il giornalista anche non quotidianamente e per un limitato numero di ore ovvero, infine, quando l’esecuzione della prestazione lavorativa sia effettuata a domicilio”.

Rappresentano secondo la Cassazione indici rilevatori della subordinazione: lo svolgimento di un’attività non occasionale, rivolta ad assicurare le esigenze informative riguardanti un particolare settore, la sistematica redazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche, e la persistenza, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, dell’impegno di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro, in modo da essere sempre disponibile per soddisfarne le esigenze ed eseguire le direttive; la continuità e la responsabilità del servizio, che ricorrono quando il giornalista abbia l’incarico di trattare in via continuativa un argomento o un settore di informazione […].

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Deve, quindi, riaffermarsi – ha concluso la Corte – che l’elemento caratterizzante la subordinazione nel lavoro giornalistico è rappresentato sostanzialmente dallo stabile inserimento della prestazione resa dal giornalista nella organizzazione aziendale, nel senso che attraverso tale prestazione il datore di lavoro assicura in via stabile o quantomeno per un apprezzabile periodo di tempo la soddisfazione di una esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche e, quindi, esige, come tale, il permanere della disponibilità del lavoratore, pur nell’intervallo fra una prestazione e l’altra.

Insomma, per la Rai e certamente per altri grandi network televisivi, andata di ricorsi in vista e centinaia di nuovi giornalisti. Basti pensare che ogni trasmissione di approfondimento ha di fatto una sua “redazione” all’interno della quale molti “programmisti-registi” esercitano una funzione giornalistica di supporto alla trasmissione stessa, da Porta a Porta sino a Ballarò. Contenzioso sindacale Rai aperto con l’urgenza di dare una risposta unitaria, soprattutto nella formazione delle squadre di supporto alle singole trasmissioni, sovente lasciate alle preferenze dei responsabili conduttori e del loro staff. Furberie contrattuali e clientele potenziali a braccetto. (di [url”www.legge-e-giustizia.it”]http://www.legge-e-giustizia.it/[/url])

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