“Eccoci, siamo tornati. Abbiamo volutamente usato un titolo storico dell’Unità per dire ai nostri lettori che non ci arrendiamo e vogliamo che la voce del giornale fondato da Antonio Gramsci sia in campo con la forza della sua storia e con l’intelligenza del suo futuro. Abbiamo deciso di farlo assumendocene pienamente la responsabilità. E’ grazie al lavoro di giornalisti e poligrafici (lavoro volontario, gratuito) che questo sito si riaccende”.
Con queste parole venerdì 29 agosto l’Unità, che dal 1 agosto è stata eliminata dalle edicole per la contestata decisione del suo Consiglio di amministrazione, è tornata a farsi vedere. Ma per il momento solo sul web. E non per l’impegno del vecchio editore (la Nie), del PD, o perché un altro editore è subentrato, ma solo per il lavoro volontario e gratuito dei suoi giornalisti.
Il Cdr: “Basta parole, servono fatti. Il Pd dica cosa vuol fare”Una decisione generosa, quella dei redattori de l’Unità, che hanno anche dovuto liberare legalmente la Nie da qualsiasi responsabilità. Una decisione presa “per esistere” in attesa che il Pd onori i suoi impegni (“troveremo una soluzione solida per riportare l’Unità in edicola”, avevano assicurato i massimi dirigenti dei democratici), che venga allo scoperto una nuova proprietà e si palesi un piano editoriale.
Su questo punto la posizione del Cdr è netta: “Dopo le parole aspettiamo i fatti e vogliamo trasparenza assoluta su tutto”, scrive.
“Il Pd ci deve dire se siamo un problema o una risorsa”, ha detto Umberto De Giovannangeli del Cdr, annunciando assieme a Bianca Di Giovanni e Simone Collini l’apertura temporanea e volontaria del sito www.unita.it in conferenza stampa alla Festa nazionale di Bologna.
“Non vogliamo perdere il rapporto con i lettori”, ha detto Bianca Di Giovanni, che ha sottolineato come “questa sia la festa de l’Unità ma è senza l’Unità nelle edicole”. “Ciò è molto grave – ha aggiunto – ed è la prima questione che vogliamo porre ai militanti del Pd e ai lettori”. “In questi mesi abbiamo parlato con molti dirigenti del Pd, ma nessuno ha saputo dirci che tipo di giornale vuole. Non vogliamo riportare in edicola un giornale qualunque”.
Ma è mistero sulle prospettive.Ma per il momento è ancora mistero fitto sulle prospettive. Nei giorni scorsi c’è stato un incontro tra i giornalisti del quotidiano fondato da Antonio Gramsci e la vice segretario del Pd, Debora Serracchiani. Lei ha ribadito l’impegno dei democratici a trovare una soluzione solida, ma è quello che i dirigenti Pd dicono da mesi. Di nomi, soldi, cordate societarie, piani editoriali per ora nessuna traccia. Così come degli stipendi arretrati che i redattori e i poligrafici devono riscuotere da aprile in poi.
Il Cdr parla di una “ferita profonda per tutta la sinistra italiana” e ricorda che “ottanta famiglia sono oggi senza reddito e altrettanti giornalisti sono in cassa integrazione”. Che, peraltro, non è ancora in pagamento.
Silenzio sull’ipotesi Arpe-Lettera 43.Per quanto riguarda eventuali offerte, nelle scorse settimane era circolata quella dell’interessamento del banchiere Matteo Arpe con la sua banca di affari Sator e il giornale on line “Lettera 43” di cui Arpe è socio attraverso la società Banzai (un nome un programma). La notizia era stata data a Capalbio nientedimeno che da Luigi Bisignani, quello della P4 e degli intrallazzi tra politica e affari. Poi non se n’è più saputo nulla.
Intanto a Bologna, dove a testimoniare il distacco crescente tra cittadini e politica i dibattiti sono cominciati con pochissima partecipazione di pubblico, anche quando sul parco c’erano i big (alle iniziative con Epifani, Zanda e Speranza c’erano poche decine di persone, solo Bersani ha riempito la sala), sulle sedie vuote si potevano vedere le copie dell’altro giornale di riferimento del Pd, Europa. E la cosa, alla festa chiamata “de l’Unità”, metteva una certa tristezza.