Adulti e ragazzi vivono una vita sempre più social, con una media di più di 5 profili a testa, e sono sempre più connessi via smartphone (il 95% degli adulti e il 97% dei ragazzi ne possiede uno), ma sono quasi del tutto inconsapevoli delle conseguenze delle loro attività in rete: sanno che mentre navigano i loro dati vengono registrati (i due terzi sia degli adulti che dei ragazzi) anche se non sanno esattamente quali; se ne dicono preoccupati (l’80% di entrambi i gruppi di riferimento), ma hanno ormai interiorizzato l’idea che la loro cessione sia il giusto prezzo per essere presenti on line e accedere ai servizi che interessano loro (circa il 90% di tutti coloro che consentono ad un’app l’accesso ai propri contatti). Questo lo scenario che emerge dalla ricerca inedita di Ipsos per Save the Children su “Il consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen e gli adulti”, diffusa oggi alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata annuale per la promozione di un utilizzo sicuro e responsabile delle tecnologie digitali.
La ricerca ha voluto esplorare il consenso in internet, inteso come la possibilità di esercitare una scelta libera e consapevole delle sue implicazioni. Ma è davvero possibile esercitarlo, a fronte, ad esempio, di una scarsa conoscenza, da parte sia dei ragazzi che degli adulti, della natura dei dati raccolti online e di come questi vengano realmente utilizzati?
La ricerca rivela che vi è una scarsa cura della propria storia online sia per gli adulti che per i ragazzi, che non prevede una “manutenzione” costante dei propri profili e che sembra quasi esasperare l’importanza esclusiva dell’essere “presente qui e ora”: circa 9 su 10 non compiono azioni efficaci per proteggere la propria immagine online, come cancellare post passati (solo il 18% dei ragazzi e il 14% degli adulti l’ha fatto almeno una volta), togliere il tag del proprio nome da una foto postata online (lo fa solo il 12% di entrambi i gruppi di riferimento) o bloccare qualcuno su Facebook o Whatsapp (lo fa solo il 19% dei ragazzi e il 16% degli adulti).
Il 75% degli adulti e il 72% dei ragazzi intervistati crede che non sia mai sicuro condividere online foto e video intimi e riservati. Per il 67% dei primi e il 65% dei secondi se un contenuto condiviso con qualcuno dilaga in rete, la responsabilità è di chi lo diffonde; il 67% e il 68% ritengono che la colpa sia di chi in seguito lo condivide in modo allargato e non autorizzato. Ben l’81% degli adulti e il 73% dei ragazzi pensano che vi sia una sorta di “consenso implicito” alla diffusione, nel momento in cui qualcosa viene condiviso online anche se non con una sola persona.
Il 23% degli adulti e il 29% dei ragazzi, invece, sono convinti che sia sempre sicuro condividere foto o video intimi on line perché “lo fanno tutti”, mentre il 41% degli adulti e il 44% dei ragazzi, benché consapevoli dei rischi, ritengono che a volte non si abbia nessuna scelta alternativa. Esiste inoltre circa il 40% di entrambi i gruppi di riferimento che pensa che la condivisione sia sicura se ristretta a utenti di cui ci si fida, anche se non ci si conosce di persona, o se ti fai promettere che i contenuti condivisi non saranno ulteriormente diffusi (26% degli adulti e 32% dei ragazzi). I ragazzi intervistati raccontano però che tra i loro amici più di 1 su 5 invia video o immagini intime di se stesso a coetanei e adulti conosciuti in rete, o attiva la webcam per ottenere regali.
Quando si tratta di valutare l’attendibilità di una notizia, per circa i trequarti degli intervistati (78% adulti e 73% ragazzi) la prudenza è d’uopo, ma per contro il 43% dei minori e il 37% degli adulti basano il proprio giudizio sulle condivisioni che quella notizia riceve.
L’accesso a strumenti che consentono di fare acquisti online – come il sistema Paypal e le carte prepagate – alimentano un vivace traffico di acquisti online, ma espongono anche i ragazzi all’opportunità di utilizzare la rete per scommettere, accedere a giochi online, come poker e casino, e ad altri siti riservati ad adulti (lo fa quasi 1 ragazzo su 10).
Spiega Raffaela Milano, direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children: “I risultati che emergono dalla ricerca dimostrano che adulti e ragazzi condividono le stesse conoscenze, gli stessi livelli di consapevolezza delle conseguenze dei loro comportamenti in rete e spesso anche i comportamenti stessi. Si tratta di un dato preoccupante se pensiamo che proprio gli adulti dovrebbero esercitare un ruolo di guida in un contesto complesso e in continua evoluzione, come quello del mondo e delle tecnologie digitali”.