Caro Marco Damilano, quanto mi piacevi?
Ogni volta che ci sei tu in un programma, come opinionista, mi butto sul divano e tutti zitti intorno a me che mi piace ascoltare quello che dici. Ti trovo acuto, pungente, intelligente mai banale e soprattutto un pochino femminista che non guasta mai di questi tempi. Mi piace anche leggere quello che scrivi nel tuo L’Espresso, quella rivista fondata nel 1955 che si è sempre occupata di politica, cultura ed economia con stile.
Per l’Espresso hanno nel passato scritto giornalisti ed editorialisti molto noti nel mondo dell’informazione, come: Umberto Eco, Antonio Gambino, Alberto Moravia, Enzo Siciliano, Paolo Milano, Bruno Zevi, Emanuele Pirella, Gianluigi Melega, Tullio De Mauro, Giuseppe Turani, Umberto Veronesi, Alberto Arbasino, Giovanni Giudici, Gad Lerner, Roberto Cotroneo, Pier Vittorio Tondelli, Giampaolo Pansa, Giorgio Bocca, Enzo Biagi, Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Peter Gomez e Edmondo Berselli.
Tra le firme attuali più note si ricordano Eugenio Scalfari, Ezio Mauro, Michele Serra, Roberto Saviano, Altan, Massimo Cacciari, Stefano Bartezzaghi, Massimo Riva, Gianni Vattimo, Michele AInis, Luigi Zingales, Michel Onfray, Natalia Aspesi, Piero Ignazi, Denise Pardo, Bernardo Valli, Valeria Parrella, Cesare de Seta, Germano Celant, Mario Fortunato, Mauro Biani, Marco Belpoliti, Fabrizio Gatti, Emiliano Fittipaldi, Gigi Riva, Alessandro Gilioli, il vaticanista Sandro Magister e l’economista Jeremy Rifkin.
Li ricordo tutti perché voglio che anche i più giovani che non conoscono la storia gloriosa del settimanale, sappiano che stiamo parlando di una rivista importante, di valore, che ha raccontato il nostro paese in questi lunghi e confusi sessant’anni. Dal boom economico, al terrorismo, alla mafia che uccide non solo d’estate, fino alla crisi economica del 2007 e al razzismo imperante del governo guidato (non da Conte ma) da Salvini.
E oggi mi capita sfogliando, sfogliando di sbattere il muso su questo giochino demenziale che neppure il Cioè degli anni d’oro avrebbe avuto il coraggio di pubblicare. Battute sessiste per le donne, che sfociano in incitamento alla violenza quando si invita qualcuno a fare sesso per zittirle o sculacciarle o svegliarle. E omofobi, quando si sottointende che Macron sia gay anche se non è così e comunque non ci sarebbe nulla di male.
Spero che nel prossimo numero ci siano le tue scuse nell’editoriale. Perché “è satira un corno”. Qui, nel mondo reale delle partite iva, ci sono giovani colleghe come me che si spaccano la schiena per una narrazione pulita dei fatti di cronaca, libera dal sessismo patriarcale che ci descrive come oggetti da “scopare” senza chiedere il nostro consenso.
Avete fatto una figuraccia, spero che la tua sia stata una distrazione, non meno grave sul piano professionale ma più accettabile su quello umano.
Una collega di 32 anni che proviena da una famiglia che ha sempre acquistato L’Espresso.