Ma adesso il Coronavirus non contagi la democrazia
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Ma adesso il Coronavirus non contagi la democrazia

Nel frattempo l’informazione ha il diritto-dovere di dare il meglio di sé, evitando di omologarsi alla “dittatura” dei social. Guai ad abolire le trasmissioni di inchiesta

MIlitari nei controlli durante il Coronavirus
MIlitari nei controlli durante il Coronavirus
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Vincenzo Vita Modifica articolo

13 Marzo 2020 - 10.58


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Va espressa, ovviamente, la massima preoccupazione per l’epidemia in corso, dovuta al Covid-19. Si tratta di un dramma assai serio, che non si può sottovalutare in alcun modo. Tutte e tutti siamo chiamati al rispetto delle regole stabilite. Tuttavia, senza perdere autonomia di giudizio e senso critico.
Va dato, comunque, un giudizio positivo sull’azione del governo e del Ministro della Salute Roberto Speranza, che hanno ereditato un fardello pesantissimo figlio di anni di tagli delle risorse destinate al sistema della cura e di forzoso ridimensionamento degli addetti ai diversi livelli. Proprio per questo è davvero encomiabile l’impegno messo nei vari luoghi del contagio dal personale medico, infermieristico e tecnico, nonché dagli scienziati e dagli esperti coinvolti insieme alla Protezione civile.
Accanto alle valutazioni favorevoli, sentiamo doveroso evocare – però- i rischi connessi alla fase emergenziale, come ben ha scritto la portavoce di “Articolo21” Elisa Marincola. E’, ad esempio, fuorviante e pericoloso evocare improbabili esecutivi di unità nazionale, tema caro alle forze della destra interessate a tutti i costi a rientrare nelle stanze del comando. Così, è sembrata una proposta strumentale quella di un “supercommissario”, al di là di qualche nome davvero imbarazzante girato negli ultimi giorni. Vedremo già nei prossimi giorni se la decisione del governo caduta sull’amministratore delegato di “Invitalia” Domenico Arcuri si rivelerà un cedimento alle pressioni tese ad indebolire il Presidente del consiglio e il titolare del dicastero preposto, o una mera scelta tecnica. Ipotesi di “governicchi” sono da respingere al mittente, mentre è augurabile che, per una volta, si abbandonino faziosità e polemiche preconcette. E preoccupa enormemente la situazione che si è determinata nelle carceri, dramma che si trascina da anni nella noncuranza delle istituzioni, mentre sarebbe ora che una piaga annosa e relegata all’ultimo posto dell’agenda politica diventasse finalmente una priorità.
In tale contesto tanto preoccupante, ci appare pure discutibile la scelta di diminuire il numero dei parlamentari presenti nelle aule. E’ una prova generale del taglio su cui saremo chiamati ad esprimerci nella futura scadenza referendaria?
Così, appare ben curioso che gran parte degli esercizi commerciali venga chiusa d’ufficio, mente i luoghi di lavoro rimangono aperti. Ma con quale garanzia per coloro che vi operano? Mentre si discetta sul discutibile “Meccanismo europeo di stabilità” (Mes) che l’Italia dovrebbe firmare, sarebbe assai più importante provvedere alle tutele per tutte le tipologie di lavoro, salariato o autonomo che sia.
Un problema delicato, poi, è costituito dalla sospensione (temporanea?) delle garanzie previste dal Regolamento europeo sulla privacy nel territorio delicatissimo dello scambio dei dati tra le amministrazioni per rendere di maggiore capillarità le forme di controllo sull’andamento della malattia. Controllo necessario o sorveglianza collettiva?
Bene ha fatto il governo ad evitare la chiusura delle edicole. Ora, però, l’informazione ha il diritto-dovere di dare il meglio di sé, evitando di omologarsi alla “dittatura” dei social. Guai ad abolire le trasmissioni di inchiesta e di approfondimento, per relegare le news alla pura logica dell’istantaneità. Anzi. Proprio adesso, nella crisi, il servizio pubblico potrebbe ritrovare sé stesso, come riferimento significativo per la cultura di massa e come bussola credibile nella tempesta.
Insomma, che il virus non contagi la democrazia.

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