Giornali: quando le parole continuano a essere pietre
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Giornali: quando le parole continuano a essere pietre

In alcuni casi le vengono lanciate per ferire profondamente gli uomini ma anche il tessuto sociale, con intento "sovversivo" e criminale. Poi ci sono gli errori. Che quando si è in buonafede si ammettono.

Titolo di Libero
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

6 Maggio 2020 - 16.40


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Il riferimento è abusato, ma la citazione di Carlo Levi resta valida e dice come meglio non si potrebbe quanto può essere pesante, dolorosa fino al crimine, una parola usata ora con dolo ora con leggerezza: “Le parole sono pietre”. 
Si, le parole sono il veicolo necessario dell’informazione, lo strumento della stampa, sia che si faccia televisione e radio, sia che riempiano le pagine della carta stampata, i giornali on line. E tutti quelli che ci hanno lavorato o ci lavorano possono ben sbagliare, è umano. Se si è in buona fede, quando si sbaglia, bastano le antiche e sempre valide scuse, avvertendo se stesso per il futuro. Questi sono peccati veniali, che comunque vanno corretti.  


Poi ci sono pietre che vengono lanciate per ferire profondamente gli uomini ma anche il tessuto sociale, con intento “sovversivo”, criminale.
Due esempi, uno a proposito del peccato veniale, comunque da correggere e nel quale non ricadere, uno sull’uso criminale delle parole.
Due titoli di oggi, titoli di altrettanti quotidiani, bisogna subito dire assai differenti. Partiamo dall’uso criminale e osceno delle parole. Questa mattina Libero, che in questo ha una poco invidiabile tradizione mai interrotta e poco censurata da chi avrebbe dovuto farlo; questa mattina – dicevamo – Libero ha titolato: “In Italia trentamila morti rimpiazzati con 600mila migranti. Uno scambio svantaggioso”. Titolo che come tanti altri sfornati da Libero. Meglio sarebbe dire recuperati dalla tazza del wc. Sì, perché è un giornale che su certi temi ci va giù pesante, e con godimento manifesto soprattutto quando il titolo appare benzina versata sul fuoco.

Fortuna che le edicole – giudici saggi – facciano giustizia delle cose scritte, delle parole che più che pietre appaiono quei micidiali pietroni che dalle mie parti si chiamano “mazzacani” perché un tempo ferocemente usate per abbattere un cane.

In questo caso non cani, ma uomini e donne che non vengono a rimpiazzare i morti di coronavirus, vittime di un eccidio che per molti versi ha responsabili politici assai vicini alla “linea” di Libero.
Queste le pietre che uccidono. Poi ci sono le parole sbagliate, come quella parola “caccia” usata oggi dal giornale on line di Repubblica: “Sbarco nell’Agrigentino. Caccia ai migranti per evitare che si dileguino senza controlli”.

Caccia, dileguino, senza controlli. Titolo costruito senza tanto pensarci, con un uso facile delle parole, non tenendo conto di indicazioni alla prudenza che pure sono state scritti solennemente sulla Carta per evitare, appunto, che le parole diventino pietre.

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