Il mio ricordo di Pino Scaccia, ironico, grande inviato e testimone instancabile
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Il mio ricordo di Pino Scaccia, ironico, grande inviato e testimone instancabile

Volto storico della Rai se ne è andato ucciso dal Covid. Ha tenuto un diario durante i giorni della malattia

Pino Scaccia
Pino Scaccia
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

28 Ottobre 2020 - 15.49


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“E mo questa chi è ? Forse la grande vecchia..” Qualche giorno addietro, solo qualche giorno fa, il 21 ottobre, a metà mattinata, Pino aveva scherzato così dalla sua stanza di sofferenza dalla quale, su Facebook, continuava a fare il cronista, sbirciando dalla finestra e tra le ombre che lo avvolgevano.

Questa mattina Pino Scaccia, amico, grande inviato, testimone instancabile, appassionato, del servizio pubblico, grandissima persona, se n’è, dunque, andato.
In queste ore saranno in tanti a ricordare l’immenso lavoro fatto da Pino, dietro l’angolo e nel mondo, lì dove la guerra faceva vittime innocenti e il gioco delle potenze era cinico amanuense della Storia.
Cronista sempre, come molto probabilmente non li troveremo più, in un mestiere cambiato di molto. Ci capitava di parlarne, lui sorrideva e lasciava che fosse il suo sorriso a chiudere il pensiero non espresso sul tanto che cambiava. Ecco Pino, che anche in queste lunghe settimane di sofferenza ha continuato ad esserlo, intingendo la sua “penna” in un inchiostro sapientemente mischiato ad ironia.

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Su Facebook, che ci legava, il suo diario, fatto di giorni di pena che passavano, lunghissimi, e di fughe dalla finestra citando Hitchcock. Sbirciando e raccontando. Impossibile per lui fermarsi. Giorno 21, giorno 22… Nel suo diario, anche la gioia per la sua amata Lazio che gli regalava bel gioco e un 3 a 1 contro il Dortmund. Una piccola grande gioia per scacciare “l’incubo ossigenazione,” come scriveva il giorno innanzi. Lunghissime settimane, giorni lunghissimi, ore sterminate per ripensare una vita intensissima. Ricordi che nel diario di Pino tornano con la notizia condivisa della morte di un amico col quale aveva trascorso i giorni infernali di Bagdad. Poi, nuovamente alla finestra, per uno scherzoso remake de “La finestra sul cortile”. Una foto un pò sbilenca e la nota: “La (presunta) mandante…Verme, esci dalla mela che ti ho visto…”.
E mentre sfoglio il suo diario, ricordo Pino a Palermo. Lo vedevamo arrivare quando l’attacco di Cosa nostra si era fatto sanguinoso, sfrontato. Anche lì Pino c’era per una guerra, quella che la mafia aveva dichiarato alla democrazia. E anche nel mezzo di quella guerra Pino voleva esserci per fare quello che sentiva di dover fare, come giornalista, come uomo del servizio pubblico, come uomo. Lo vedevamo come collega e come maestro.
Dalla sua stanza, dal suo letto, Pino a guardare il mondo, oltre Oceano la partita che si gioca tra lo”zio pazzo” e l’altra America, e a ricordare le tante cose vissute e raccontate, come la morte di Antonio Russo, di Radio Radicale, vent’anni addietro. E Pino fiero di aver ricevuto un premio che porta il nome di Antonio Russo. Poi, Daphne Caruana Galizia, di Anna Politkovskaja…Quindi, riecco la sua grande ironia:” Se fossi un’auto, l’ho così sfruttata che andrei dal concessionario e la cambierei. Ma, visto che non lo sono, mi devo affidare a tanti bravi meccanici con il camice bianco”.
E il 15 ottobre, di buonora, forse dopo non essere riuscito a dormire ecco Pino scrivere:”Volevamo una vita spericolata, ci siamo riusciti”.
E oggi dire che con Pino Scaccia scompare un pezzo importante di Rai non è retorico, è verità, e dolorosa.

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