“Caro Direttore,abbiamo visto gli studi dello sci dell’ultima settimana e siamo rimasti basiti.Erano pieni di marchi commerciali e contenevano un’esplicita pubblicità della Tim”. Inizia così la lettera-denuncia che il Comitato di Redazione di Rai Sport ha inviato al direttore.
L’organismo sindacale della testata si sente costretto a ricordare alcune regole fondamentali: “Ti ricordiamo che pubblicità e product placement hanno regole chiare…sono vietate nel corso di programmi informativi”. regola scritta a chiare lettere nella Carta dei diritti e dei doveri del giornalista del Servizio Pubblico.
- “Anche questo episodio gravissimo – dice il Comitato di Redazione dello Sport – come purtroppo accade ormai sempre più spesso, all’insaputa del CdR, che tu non hai ritenuto opportuno informare, e che ovviamente avrebbe dato parere negativo a questa esibizione di marchi, che viola palesemente contratto e norme deontologiche, e che ci espone a figuracce con i telespettatori e al rischio di sanzioni da parte dell’Ordine dei giornalisti”.
Praticamente, “anziché difendere Rai Sport siamo ormai alla privatizzazione di Rai Sport, con tanto di appalto a una azienda concorrente di spazi informativi su web e social”.
“Andiamo per ordine”, prova a sintetizzare il documento sindacale, ricostruendo l’escalation di quella”privatizzazione” denunciata dalla lettera..
“Negli studi di sabato 21 e domenica 22 novembre, la conduttrice e l’opinionista sedevano su delle sedie con la scritta Chateau d’Ax (non enorme ma inconfondibile) e indossavano delle felpe di Rai Sport con un gigantesco logo della Robe di Kappa sul petto.Ma la cosa ancora più grave – prosegue la ricostruzione – è che ogni tanto veniva data la linea alla Tim Data Room, dove c’era una persona che gestiva lo spazio social, completamente griffato Tim, con tanto di scritte “TV Tim Vision”, a caratteri cubitali. Una spudorata pubblicità, spacciata per spazio social del Servizio Pubblico.La persona interloquiva con lo studio e indossava la stessa felpa Rai Sport/Robe di Kappa, ingenerando l’equivoco nei telespettatori che fosse una della redazione. Come se non bastasse – denuncia, ancora, la lettera – sabato scorso, la persona in questione ha ripetutamente storpiato il nome di una delle atlete più famose del mondo, dicendo per ben 4 volte (quindi non si è trattato di un semplice lapsus, ma di ignoranza e incompetenza in materia) Sofia “Gobbia”, ed esponendo così tutti noi a una figura vergognosa, perché agli occhi dei telespettatori sembrava una nostra giornalista”.Tanto, troppo.
“Eppure a Rai Sport – ricorda il documento sindacale – bbiamo una redazione web, che potrebbe occuparsi degli spazi social, e invece in onda, indossando il nostro marchio (purtroppo associato a quello della Robe di Kappa) ci va una persona esterna che non sa nemmeno di cosa parla.
Evidentemente, seppur in ritardo, qualcuno si è reso conto della gravità e dell’inopportunità delle divise di Rai Sport con lo sponsor tecnico in bella mostra, tanto che negli studi di ieri e di oggi, la conduttrice e la ragazza della Tim non indossavano più il maglione della Robe di Kappa (l’opinionista sì, anche se il logo era un po’ meno vistoso), ma comunque erano sempre presenti le sedie con la scritta Chateau d’Ax. E soprattutto, c’era ancora il grande spazio pubblicitario della Tim, senza avvertimento che si trattava di uno spot commerciale”. Un disastro con dolo, insomma. In chiusura, il CdR, rivolto al direttore, dice:”Ti chiediamo come sia stato possibile tutto ciò e pretendiamo chiarezza su questa vicenda che troviamo di una gravità inaudita e in palese violazione di norme contrattuali e deontologiche”.
Per un verso o per l’altro, il tema della pubblicità manifesta o occulta resta un tema costante dello Sport. Anche questo problema nel bouquet delle tante cose che rendono urgente un vero e autorevole governo del Servizio Pubblico in tutte le sue articolazioni: informazione, intrattenimento, sport.