L’amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes ha una lunga storia manageriale. Non è immaginabile, quindi, che la proposta di riorganizzazione della Rai appena varata non sia stata ponderata nei suoi effetti diretti e pure collaterali.
Ben venga la rottura del tabù delle reti, diventate negli anni luoghi del potere lottizzato e, purtroppo, di intrusione di strutture esterne pronte a consegnare format e programmi chiavi in mano.
Secondo il progetto appena varato dal consiglio di amministrazione e ora nelle mani del capo azienda (così lo volle la legge Renzi del dicembre 2015, che affidò un ruolo determinante all’Ad scelto dal governo) per definirne tempi e modalità di attuazione, si passa a dieci direzioni per generi. outstream
Vale a dire, strutture – ben dieci- sovraordinate rispetto ai classici canali (compresa Rai Play e offerte specializzate) ridotti a luoghi di trasmissione senza vera autonomia. La nomenclatura tematica suscita qualche curiosità: l’intrattenimento è diviso in due (day time e prime time, chissà perché), contenuti Rai Play, cultura ed educational, documentari, cinema, fiction, sport, kids (ragazzi?), approfondimento. Ma, a parte qualche dubbio generale e qualcosa riguardo alle suddivisioni, è proprio l’accorpamento dell’approfondimento che fa venire i brividi.