Una bacchettata o, forse, una frustrata verso una testata, l’Unità, che nella versione di Sansonetti (editore Romeo) per gran parte del mondo che è stato legato al Poi è poco più che una appropriazione abusiva anche se – formalmente – ineccepibile perché è stata comprata all’asta dopo l’ultima delle tante chiusure.
«Certo la memoria storica appartiene a tutti e per noi è motivo di gioia sapere che la vita e l’attività di nostro padre vengano sentite e vissute da quanti gli vogliono ancora bene, ciascuno secondo la propria soggettività, ma altra cosa è trasformare il suo ricordo in un brand pubblicitario. Per favore, lasciatelo in pace».
La chiusa è senz’altro il passaggio principale della lettera aperta, ospitata da Repubblica, con la quale Bianca, Maria, Marco e Laura Berlinguer rivolgono una composta quanto ferma `bacchettata´ all’Unità, anzi alla nuova Unità diretta da Piero Sansonetti, facendo infatti osservare che «quello che torna oggi nelle edicole è un quotidiano interamente nuovo, che dell’antico e glorioso giornale conserva solo il nome».
Antefatto. Giusto oggi, e la circostanza è sottolineata nella lettera dei figli, ricorre il 39esimo della drammatica scomparsa dello storico segretario Pci. Sequenze, quelle del malore poi fatale sul palco del comizio a Padova, rimaste nell’immaginario collettivo, come gli scatti del marzo, siamo sempre nel 1984, che ritraggono un Berlinguer sorridente, circondato dalla folla che animò il corteo contro i tagli alla scala mobile del governo Craxi. Quella foto fu scelta dall’Unità con un titolo, anche quello diventato `iconico´, come si direbbe oggi: un «Eccoci» a caratteri di scatola.
Proprio l’immagine «utilizzata come spot pubblicitario per promuovere l’uscita in edicola di un nuovo quotidiano che – si rimarca nella lettera – ha assunto un vecchio nome, l’Unità, diretto ora da Piero Sansonetti».
– «Grande è stato il nostro sconcerto e, ancor più, la nostra amarezza», confessano allora i figli di Enrico Berlinguer. «Da quella prima pagina sono passati, così come dalla morte di nostro padre, quasi quarant’anni e, nel frattempo, il mondo è totalmente cambiato. Tutto è mutato: da oltre tre decenni non esiste più il Partito Comunista Italiano e nessuno di quell’antica leadership».
E, si osserva ancora nella lettera, «da allora, l’Unità ha avuto numerosi direttori fino a concludere definitivamente la sua storia ormai sei anni fa».
Ecco dunque che quel nome torna in edicola ma, si osserva ancora, «solo perché quando è stato messo all’asta, un imprenditore più rapido di altri è riuscito ad acquisirne la proprietà. Ma della storia precedente, nulla rimane: e – rimarcano ancora i Berlinguer – nemmeno uno di quei redattori che hanno tenuto in vita il giornale fino al 2017».
«Come spiegarsi, allora, sotto il profilo giornalistico, politico, culturale e anche morale la volontà di affermare a tutti i costi una continuità tra il giornale fondato da Antonio Gramsci e quello oggi in edicola? E come spiegarsi – si ribadisce – che venga utilizzata una foto così significativamente legata al suo tempo e così, di quel tempo, potente espressione per pubblicizzare un prodotto inevitabilmente tutto diverso?».