L’interlocutore era interessante. Abbiamo ricevuto una mail proveniente da un indirizzo plausibile e quindi si è svolta la telefonata con i suoi normali preparativi. Nella conversazione il presidente del Consiglio ha dimostrato una perfetta coerenza tra il suo pensiero ben conosciuto e le cose che ha detto. Questo è l’episodio, ed è adesso evidente che la gestione dell’episodio avrebbe potuto essere migliore, perché altrimenti non saremmo caduti nell’inganno”.
Racconta così, in un’intervista su «Libero», come sono andate le cose per la telefonata di Giorgia Meloni con i due comici russi che si sono spacciati per un leader africano, il Consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Francesco Talò. Il funzionario che, subito dopo la pubblicazione del colloquio `fake´, ha rassegnato le dimissioni.
«Un inganno – spiega Talò – che ci accomuna a tanti leader illustri, dotati di importanti apparati, strutture che li assistono, paesi che dedicano alla sicurezza una notevolissima attenzione. Non deve succedere, ma è successo. Per questo io ho ritenuto giusto assumermi la responsabilità per non aver effettuato quelle verifiche supplementari che sarebbero state opportune, sia pure in un contesto di grande impegno, di sovraccarico di lavoro del mio ufficio e di plausibilità del messaggio ricevuto».
Talò, che sottolinea l’importanza della politica del governo nei confronti dell’Africa e soprattutto «l’impegno portato avanti con grande passione e competenza dalla collega responsabile per l’ONU e l’Africa» che lavora nel suo ufficio, osserva come «la vicenda» abbia «suscitato uno scalpore» che «non si è verificato in casi analoghi altrove». E così, spiega ancora: «Ho ritenuto di dover rassegnare le mie dimissioni, anche perché spero che questo possa contribuire a continuare quel percorso avviato con il presidente del Consiglio che ha portato tanti importanti successi alla politica estera italiana in questo scorso anno, risultati che sono riconosciuti dall’opinione pubblica e soprattutto nel mondo».
Talò motiva dunque la sua decisione di dimettersi perché «è una questione di coerenza», è il suo «modo di essere». «Io credo che sia sempre opportuno assumersi le proprie responsabilità – afferma – capisco che non sia molto comune, ma è un mio modo di essere. Penso di essere stato coerente. Io prima di 40 anni di carriera diplomatica, sono stato ufficiale dei carabinieri, questa è un’esperienza che mi è rimasta per sempre, anche perché viene da una tradizione di famiglia. E questo senso del dovere, del sacrificio, del sentirsi sempre in obbligo nei confronti dello Stato, della nazione, fa parte della mia natura». E dopo aver rivendicato il lavoro portato avanti sin dall’inizio della legislatura, Talò dichiara: «Chi fa tanto una volta può sbagliare, non dovrebbe succedere, ma è successo».
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