Era il 5 gennaio 1984, quando un commando di Cosa Nostra, a Catania, esplose numerosi colpi contro il giornalista Giuseppe “Pippo” Fava, direttore della rivista “I Siciliani”. Da quel momento partirà un clamoroso depistaggio delle indagini – denuncia Adriana Laudani, avvocata di parte civile della famiglia Fava, al microfono di Maria Grazia Mazzola nello Speciale Tv 7, il settimanale del Tg1 in onda venerdì 5 gennaio alle 23.40 su Rai 1 – con l’intervento di un poliziotto colluso con la mafia, che sposta il corpo del giornalista prima ancora che arrivi l’autorità giudiziaria. Per un anno sarà indagato, con l’accusa fantasiosa di ‘delitto passionale’, il più fedele collaboratore della redazione de “I Siciliani” di Giuseppe Fava, Michele Gambino – oggi giornalista e scrittore – per nascondere killer e mandanti.
Per il delitto Fava, vent’anni dopo, furono condannati il boss Nitto Santapaola e i suoi gregari, ma i veri mandanti sono rimasti impuniti.
Oggi rimangono i ‘semi’ lasciati da Pippo Fava, il giornalismo d’inchiesta, la scuola di scrittura che ha tramandato ai giornalisti che erano parte della sua redazione. Ma qual è la lezione giornalistica, e di attualità, che ancora oggi sopravvive nel ricordo di Pippo Fava?
“L’analisi del potere – risponde Claudio Fava – giornalista, scrittore e figlio del direttore de “I Siciliani” – con le sue collusioni e intrecci economici e istituzionali e l’impunità”.