Sono in partenza per le vacanze. Vado nel mio mare, ad Agrigento. Il Mediterraneo. So già che lo guarderò soltanto, non saprò entrarci. Non voglio entrare in questa bara immensa di uomini, di donne e di bambini che hanno preso una barca sull’altra sponda, dissanguandosi, per cercare un motivo di speranza in una Europa che affonda.
Ormai i morti si stenta a contarli. Centinaia di uomini, donne e bambini che arrivano raccontano di quelli che non ce l’hanno fatta e sono stati gettati in mare. Cento in mare, dicono oggi le testimonianze dei profughi (in un modo o nell’altro sono tutti profughi) dell’ultima tragedia del mare. L’ombelico di questo scenario di morte, ancora una volta, Lampedusa. I racconti sono drammatici. La fame, la sete, i morti a grappolo, poi l’indifferenza di una nave della Nato, quindi i soccorsi, un solo cadavere ripescato. E ancora, i profughi che si aggrappano ai cestelli calati dal cielo per i primi soccorsi,l’acqua da dare agli assetati, poi gli elicotteri che portano in ospedale i più gravi, quelli che hanno visto più da vicino la morte.
Per un altro drammatico racconto raccolto e affidato alle cronache estive di questo Paese sull’orlo di una crisi economica che fa paura, tante voci sono abortite nel silenzio, al largo. Quante tragedie consumate e conosciute solo da chi non avrà mai più notizia dei propri cari?
Quello che si scrive tra l’Africa e l’Europa è insieme via crucis ed olocausto.
La gente di Lampedusa, quella che nell’isola ci vive tutto l’anno, conosce la pietas. Per chi muore ha una parola di pietà che ha radici arabe, “Mischinu!”. Si dice di chi non ce l’ha fatta, “Poverino!. E laggiù, sull’altra sponda, “Meskin” ha lo stesso significato, “Poverino”, o qualcosa di più. E’ come dire “Povero cristo!”. Ecco, Cristo, il figlio di Dio che si fa uomo e muore. Che va alla morte sulla via Crucis.
Gli arabi chiamano il Mediterraneo “Il mare bianco del centro”. Bianco come il sudario. I francesi chiamano il nostro mare la Mediterranée, al femminile. Madre addolorata. Come la madre che pianse il figlio di Dio sotto la croce. La Mediterraneé li carezzerà dolcemente sulla fronte questi figli disperati, coraggiosi e sfortunati, violentati e uccisi dall’ingiustizia che domina il mondo e lo divide.
E io, in riva al mare la guarderò questa madre.