Sardegna: 848 precari in fila per 6 col resto di 2
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Sardegna: 848 precari in fila per 6 col resto di 2

Da settembre quasi mille esponenti della 'Italia peggiore' di Brunetta, traslocheranno nella 'Italia migliore' della Gelmini.

Sardegna: 848 precari in fila per 6 col resto di 2
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8 Settembre 2011 - 08.10


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di Romina Fiore

Sardegna amara. Alle scuole della Sardegna, terra notoriamente ostile per gli aspiranti docenti, è stata concessa una boccata d’ossigeno. Però non rallegriamoci troppo, per l’inalazione di O2 i sindacati hanno dovuto lottare coi denti e con le unghie contro Renato Brunetta e Maria Stella Gelmini. Sarebbero dovuti essere molti di più ad avere l’accesso al ruolo, ma è stata una battaglia impari, come tutte quelle che si combattono contro gli idioti, una categoria che prima ti costringe ad abbassarti al suo livello e poi ti batte con l’esperienza.

Sulla biografia di Brunetta, in edizione ovviamente tascabile, si può tranquillamente sorvolare, ma su quella della Gelmini, bocciature scolastiche a parte, occorre rammentare che essere sfiduciata per manifesta incapacità e improduttività politica ed organizzativa proprio da quelli che, in prima battuta, erano stati i suoi sostenitori (Delibera del Consiglio Comunale n. 33, Desenzano del Garda) dovrebbe costituire l’equivalente di una lettera scarlatta. Chiunque sfoderi un simile curriculum dovrebbe retrocedere a diventare il mister della squadra del seminario e non essere scelto, dal fiuto di un segugio che annusa sotto la coda della femmina, per allenare la nazionale.

L’Italia “Peggiore”. Ho fatto parte dell’Italia peggiore per 4 anni, prima del contratto a tempo indeterminato e avevo già in tasca due abilitazioni conseguite tramite concorso per esami e titoli, guadagnate sostenendo i suddetti concorsi nella mia provincia di residenza, senza dover espatriare, Gelmini docet, verso regioni nelle quali ottenerle sarebbe stato più facile. Tutto sommato, la mia anticamera non ha avuto le proporzioni inaudite dell’attuale attesa dei precari. Ricordo che aspettavo con ansia lo squillo del telefono, sperando che una delle 20 scuole individuate nella mia domanda mi chiamasse per comunicarmi che uno a caso, tra i docenti dell’organico, aveva chiesto dei giorni di congedo.

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Anche per un giorno solo. In svariate occasioni, sostenuta da una discreta dose di fortuna, mors tua vita mea, sono incappata in un braccio fratturato, una bella bronchite e un attacco di labirintite che mi avevano assicurato un paio di settimane di fila, ma la maggior parte delle volte erano supplenze di un giorno solo. Partivo subito dopo la telefonata della segretaria, percorrevo il centinaio di km che mi separava dalla scuola e dopo una mattinata di lezione, tornavo a casa. In tanti altri casi, mi svegliavo presto, mi preparavo di tutto punto ed aspettavo, davanti a un telefono muto, una chiamata che non arrivava.

Santa gravidanza. Dopo un paio d’anni di questa trafila, mi ero imbattuta in ciò che ogni insegnante si augura: la gravidanza della titolare. Ovviamente ciò aveva scatenato l’invidia dei precari che in graduatoria mi precedevano ma, nel momento della chiamata a rapporto, erano impegnati in supplenze brevi. Però non potevo certo immaginare che la titolare, per ovvi motivi di conteggio dei giorni di congedo, presentava un certificato che andava dal lunedì al venerdì (il sabato era il suo giorno libero) e quindi non solo mi veniva scorporato l’equivalente economico dei due giorni non inclusi nel certificato, ma ogni lunedì mi si offriva lo spauracchio che qualche collega con un punteggio più alto del mio fosse libero al momento della chiamata.

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Vietato ammalarsi. E nemmeno potevo ipotizzare l’esistenza di una normativa che impedisse ai supplenti di assentarsi, manco per gravi motivi di salute. E fu così che, dopo un paio di giorni trascorsi stoicamente in cattedra con la febbre a 38°, persi l’incarico per una tonsillite. Con una bella dose di scoramento pensai che era tardi! Tardi per tornare indietro ma, considerando la situazione, tardi anche per andare avanti. Ma se decidi di dare un’ultima chance alla tua formazione non ti devi fermare al limite, lo devi frequentare un po’ quel limite, semmai. Esattamente come avevo fatto fino ad allora.

Migrante per forza. Inoltrai la mia domanda d’insegnamento in Emilia Romagna e, con mia grande sorpresa, passai di ruolo l’anno successivo. A fronte del seicentesimo posto occupato nella graduatoria della provincia di Sassari, mi collocavo in trentesima posizione nella terra delle piadine. E visto che non era la fuga di un cervello in altra regione, ça va sans dire, quanto una fuga dalla disperazione, contavo, dopo la conquista del contratto a tempo indeterminato, di tornare a casa col posto di lavoro in tasca. Scoprii, amaramente che un nuovo decreto legava per tre lunghi anni il neoassunto alla sua prima sede. Non so voi, ma io quando curiosamente sento dire che i precari sono l’Italia peggiore m’incazzo. E anche tanto!

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Specie se a dirlo è uno che ha il cuore davvero troppo vicino al buco del culo!

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