L’usura costringe alla chiusura 50 aziende al giorno e ha bruciato, nel solo 2010, circa 130mila posti di lavoro. E’ quanto denuncia Sos Impresa-Confesercenti in un rapporto che sarà presentato oggi in occasione del “No usura day”.
Nell’ultimo triennio, dal 2008 al 2011, per vari motivi sono stati oltre 242mila i piccoli commercianti al dettaglio che hanno cessato la propria attività a causa del fenomeno dell’usura. A questi bisogna aggiungere oltre 300mila imprese artigiane. In tre anni, invece, circa 190mila imprese hanno chiuso i battenti per debiti o usura. Il numero dei commercianti coinvolti in rapporti usurai si aggira intorno a 200mila, e i debiti vanno stimati in oltre 600mila unità. Con la crisi è aumentato il numero degli usurai, spiega Confesercenti, saliti da circa 25mila a oltre 40mila. Cresce anche la fascia dei cosiddetti usurai dalla faccia pulita. Le denunce restano poche, mentre la giustizia è lentissima. “In pratica – sottolinea lo studio – il reato di usura appare come se fosse depenalizzato”.
I tentativi di salvataggio della propria attività, evidenzia il rapporto, avvengono in un circuito di marginalità economica, su cui l’usura allunga le sue mani. Il fenomeno colpisce in larga parte persone mature, intorno ai cinquant’anni, che hanno sempre operato nel commercio e che hanno oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro. E, quindi, tentano di tutto per evitare il protesto di un assegno, il fallimento della loro attività. Solitamente sono commercianti che operano nel dettaglio tradizionale, come alimentaristi, fruttivendoli, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai, mobilieri.