Le mafie ce la danno a bere e a mangiare
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Le mafie ce la danno a bere e a mangiare

12,5 miliardi di euro il business dell’agroalimentare per la criminalità organizzata. Dopo il settore edile, i rifiuti e il traffico di droga. Rapporto Eurispes-Coldiretti.

Le mafie ce la danno a bere e a mangiare
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26 Novembre 2011 - 22.59


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di Laura Aprati

Crimini agroalimentari. Don Luigi Ciotti, presidente di Libera-nomi e numeri contro le mafie, dice “le mafie ce la danno a bere – e a mangiare – grazie a infiltrazioni profonde e consolidate in vari comparti del settore agroalimentare. E che a tutto questo come consumatori paghiamo un prezzo doppio: in termini di soldi – perché il prezzo delle merci sale per assicurare un margine di interesse a più persone – e soprattutto in termini di salute.”

Il caso Fondi. Qualche giorno fa la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, seguendo una pista investigativa della Squadra Mobile di Caserta e la Dia di Roma, ha svelato una vera e propria alleanza tra camorra e mafia siciliana per il controllo del trasporto dell’ortofrutta e del traffico delle armi. E’ stato anche arrestato Gaetano Riina, fratello del più famoso Totò “il capo dei capi”. Il procuratore aggiunto, della Dda del capoluogo campano, Federico Cafiero De Raho ha anche evidenziato come al centro dei traffici ci fosse il Mercato Ortofrutticolo di Fondi in provincia di Latina (dove nelle casse venivano occultati anche dei fucili mitragliatori).

Filiera ortofrutta. Insomma le mafie hanno in mano la gestione di tutta la filiera dell’orto frutta. I siciliani pensano alle produzioni e i casalesi al marketing e il trasporto. “Non è solo il controllo del territorio ma così le mafie gestiscono l’intero comparto agroalimentare. Una vera e propria economia” Lo dice Lorenzo Diana, ex senatore e da poco Presidente del Caan (mercato ortofrutticolo di Napoli) e Presidente della rete della Legalità. “Le infiltrazioni in questo settore nascondono anche traffico d’armi e di droga. Bisogna stare attenti agli usi impropri del mercati. Controllare gli appalti e subappalti e anche i facchinaggi. D’altra parte la gestione del settore agroalimentare  intrinseca al sistema mafioso che nasce proprio come criminalità rurale”.

Il “Che fare”. “Ci vuole maggiore trasparenza, maggior controllo sulle aziende che lavorano in questi grandi centri ortofrutticoli. Bisogna richiedere l’antimafia per chiunque voglia lavorare con noi. E poi dobbiamo anche far entrare chi è  rimasto fuori e cioè agevolare gli appalti proprio a quelle imprese estorte dal sistema criminale e mafioso. Bisogna interrompere il sistema clientelare che si è instaurato. Poi bisogna controllare gli accessi abusivi. A Napoli gli accessi ufficiali sono solo 2000. Se tutto fosse stato in regola non avremmo una struttura che, aperta appena 6 anni fa, ha oggi 51 milioni di debiti contro i 40 di patrimonio”.

Tradizione rurale. L’agroalimentare ha un grande fascino per le mafie vedasi le operazioni al mercato di Vittoria in Sicilia o anche l’informativa del prefetto Frattasi su Fondi. Ma va anche ricordato che Giuseppe Grigoli, il “cassiere” di Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss di Cosa Nostra, gestiva una catena di supermercati. Da mafia agricola a mafia imprenditoriale passando per le nostre tavole.

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