L'intolleranza, la fame, la paura
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L'intolleranza, la fame, la paura

C'è chi vede il futuro minacciato dai rom, chi non arriva a fine mese e teme la povertà per propri figli. Viviamo in un incubo: chi governa se ne faccia carico. [Onofrio Dispenza]

Campo Rom e Torino
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

11 Dicembre 2011 - 23.14


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Parliamo di paura. O meglio, di paure. Come per il colesterolo, c’è quella buona e quella cattiva. Partiamo dalla paura cattiva. Il fatto di cronaca lo conoscete già: Torino, una ragazza impaurita per quello che ha fatto, dice d’essere stata stuprata da due uomini, naturalmente scuri in viso, due rom. Il quartiere, un quartiere che vive un disagio reale, non perde tempo e organizza una manifestazione contro i rom che abitano nella zona. Dal corteo si stacca un gruppo armato che mette a ferro e fuoco il campo nomadi. Non ci scappa il morto per poco. La caccia al rom è fermata dal fratello della ragazza: fermatevi – dice – mia sorella ha detto una bugia, tutto inventato. Ha detto d’essere stata violentata da due rom perché aveva paura di dire che era stata con un ragazzo, il suo primo rapporto. La caccia si ferma quando il campo rom è in fiamme, distrutto.

Questa la paura cattiva, frutto di anni di criminale informazione che vorrebbe il nostro presente e il nostro futuro minacciati dagli altri, vuoi rom, vuoi immigrati, vuoi di una religione diversa dalla (presunta) nostra religione, vuoi da gay e lesbiche.

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Andiamo all’altra paura, quella buona. Anche per questa ricorriamo alla cronaca. Cronaca minore, senza dignità di spazi.

Nel padovano, un 77enne viene bloccato dal personale di un supermercato. Sotto al giaccone gli trovano una confezione di carne rubata nel banco frigo. Tre fettine di carne. Il personale chiama i carabinieri e ai carabinieri l’anziano racconta la sua paura. Paura della fame. “La pensione non mi basta, ho fame”. Denunciato.

Altra cronaca minuta e “indegna”. Supermercato Pam di Treviso, una addetta delle pulizie, alla fine del turno, esce dal supermercato con un sacco della spazzatura. Sacco che mette nel portabagagli dell’auto anziché nel cassonetto. La cosa è notata, viene bloccata e nel sacco nero di plastica trovano surgelati, una confezione di grana, scatolette varie, vino. Ed anche tre flaconi di profumo.

“La fine del mese è un incubo – dice la donna – ho fame”.
Fame. Paura della fame. E il vino e il profumo, aggiungiamo noi? Per berci sopra alla paura, e per esorcizzarla, suggeriamo. Tutto nel pacchetto paura.

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E poi, uscendo dalla cronaca, ti capita di parlare con la cassiera del tuo supermercato e ti racconta di anziani che entrano nel supermercato per mangiare: aprono una busta di prosciutto, una confezione di mercato, scartano il pane, aprono una confezione di biscotti, una bottiglia di latte, una barretta di cioccolato. Ed escono. Con la benevolenza di chi lavora per poco, guarda e fa finta di non avere visto.

La paura è l’elemento centrale del nostro vivere questo tempo. I miei sogni sono di paura. Sogno che i miei figli vivano nella povertà e nella fame. Sì, faccio questi sogni. Un incubo ricorrente.

Sogni assai diversi di quelli che facevano i nostri padri, che sognavano i loro figli in scenari migliori di quelli attraversati da loro.

Mio padre, il più grande di una famiglia numerosa, e che alla morte del padre si trovò ad essere capo famiglia, indossò per la prima volta i pantaloni lunghi il primo giorno di lavoro.

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Essere il primo di tanti figli gli aveva dato il privilegio di arrivare più in là negli studi. Fortunato ma caricato di responsabilità. Crebbe i suoi fratelli e le sue sorelle e si fece un’altra famiglia, la sua, la mia.

E mio padre sognava un futuro migliore e in grande per i suoi figli. E i suoi sogni si avverarono.

Noi no, noi abbiamo i nostri sogni segnati da un tempo che ce li marchia con la paura.

Ecco, questa mia paura, paura che condivido con tanti, e la paura del 77enne con le tre fettine in tasca, e la paura della donna delle pulizie con la spesa nel sacco della spazzatura devono essere un incubo per chi ha responsabilità di determinare il futuro di questo Paese.

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