Pizzo sullo stipendio: storia dall'Italia dei maneggioni
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Pizzo sullo stipendio: storia dall'Italia dei maneggioni

Un giovane disoccupato di Palermo costretto a versare metà del suo salario da muratore a chi gli aveva trovato il lavoro. Per fortuna ha denunciato tutto ai carabinieri.

Pizzo sullo stipendio: storia dall'Italia dei maneggioni
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

22 Gennaio 2012 - 15.04


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Dino Risi li avrebbe presi per il bavero e sbattuti in un episodio de “I mostri”. Il suo sguardo amaro sulle mostruosità quotidiane del nostro Paese non li avrebbe risparmiati. Dino Risi non c’é più e gli rubiamo i due che gli avrebbero potuto ispirare un episodio di una sua nuova grottesca commedia. Girolamo e Salvatore Porcelli i due. Cosa hanno fatto? Andiamo a raccontare.
Lo sappiamo, manca il lavoro e per un lavoro giovani e meno giovani, disoccupati, darebbero qualsiasi cosa. Girolamo e Salvatore Porcelli lo sapevano bene, lo capivano quando sentivano il loro giovane vicino di casa lamentarsi, sfogarsi con loro per una disoccupazione pesante, insostenibile. E chiedeva una mano.

Padre e figlio si sono guardati in faccia, hanno rassicurato il vicino e con le loro amicizie hanno trovato un lavoro per il 24enne che s’era confidato con loro. “Ti abbiamo trovato un posto di muratore. E’tuo, ma se ci dai ogni mese metà di quanto guadagni”. Espliciti e senza mezzi termini, i due si sono rivolti così al giovane vicino, 540 euro al mese per loro l’altra metà nelle tasche sfondate del giovane.

Il pizzo sullo stipendio? Una vera estorsione, si é detto il giovane. Ma l’alternativa? La fame preme, il bisogno é grande, accetto.

E Giovanni – chiamiamo così la nostra giovane vittima – si presenta al lavoro e un giorno dopo l’altro, puntuale, si spacca la schiena in cantiere. A fine mese, presa la paga, passa dai vicini e lascia loro metà del denaro sudato.
Così per un bel pò, ma la rabbia e l’indignazione crescevano in Giovanni.

Consegnare quel denaro diventava ogni mese più duro. Cominciava così a tardare la consegna del “pizzo”, il”debito” coi due mostri ormai era arrivato a 2mila euro, e i due mostri non avevano intenzione di perdonare, di fare sconti o concedere deroghe al contratto capestro.

“Senti, ragazzo, se non paghi ti ammazziamo la madre…” E per far capire che non avrebbero mollato, hanno iniziato con un piccolo sequestro, un acquario. Entrati in casa del giovane, se ne sono impossessati, salutando madre e figlio con una nuova minaccia.

La fame é terribile, ma ancor più pesante resta l’oltraggio alla propria dignità, la minaccia agli affetti più cari. Per questo, alla fine Giovanni si é guardato allo specchio, si é dato coraggio, ha salutato la madre e ha bussato al commissariato di polizia. “Non ne posso più, aiutatemi!”. E la polizia lo ha aiutato. Intercettazioni e pedinamenti e i due mostri sono stati messi al muro. Giovanni ha ripreso il suo acquario, i suoi pesciolini. Un respiro profondo e ha guadagnato la strada di casa, a dire alla madre che l’incubo era finito e che per il resto, il lavoro, i soldi, si vedrà… “Alla fine, chissà, recuperata la dignità di uomo forse potrò trovare anche un lavoro per mantenere te mamma, per sperare io”.

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