Perché l'Italia è schiava dei Tir
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Perché l'Italia è schiava dei Tir

Il 90% delle merci nel nostro Paese viaggia su gomma. Nessun investimento è stato fatto per sfruttare la rete ferroviaria. Così viviamo sotto ricatto. Urge una riforma.

Perché l'Italia è schiava dei Tir
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27 Gennaio 2012 - 10.22


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di Laura Aprati

Il miraggio del trasporto su gomma. Migliaia di Tir bloccano prima la Sicilia e poi le autostrade italiane e pongono il problema del trasporto su gomma. Anni fa, dopo la guerra, quando in Italia i treni erano quasi un lusso per pochi, si pensò che solo il trasporto su gomma avrebbe salvato il Paese. Tutte le merci potevano e dovevano solo spostarsi con i camion e poi più tardi con gli autoarticolati in stile americano.

Dipendenza dai mezzi di trasporto. Il Paese negli ultimi cinquant’anni è sempre più diventato dipendente dai mezzi di trasporto. La rete ferroviaria non è cresciuta e ha migliorato, solo di poco, il servizio ai passeggeri. Tutte le nostre merci, soprattutto quelle legate all’agroalimentare, si muovono su strade ed autostrade. Tanto che il settore è legato al concetto di servizio pubblico (vedasi anche l’intervento del ministro Cancellieri nei momenti più caldi dei blocchi).

In Europa funziona così. Ma non si scherza neanche in Europa poiché la strada è il mezzo di trasporto principale nell’Unione, tanto per i passeggeri quanto per le merci. Infatti si conta attualmente circa un veicolo ogni due abitanti e il trasporto di merci su strada rappresenta oltre i due terzi del tonnellaggio totale. La comunità Europea ha concentrato i suoi sforzi sul contenimento dei molteplici costi del trasporto su strada indicando, anche, come lo sviluppo dei trasporti deve rispettare i requisiti di sicurezza, ma anche di protezione ambientale. Inoltre, molti aspetti legati ai trasporti sono oggetto di una normativa europea, quali la concorrenza fra trasportatori, l’accesso alla professione, le condizioni di lavoro o ancora le norme tecniche dei veicoli.

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La dominazione della strada. I dati Eurostat (anche se in riferimento al biennio 2009/2010) chiariscono come, nonostante tutti gli sforzi comunitari per promuovere il trasporto su rotaia, le merci nella Ue a 27 viaggino ancora prevalentemente su strada: in termini di tonnellate/chilometro (tkm), nel 2009 le strade europee hanno assorbito 1.690 miliardi di t/km rispetto ai 370 miliardi delle reti ferroviarie, ovvero oltre quattro volte tanto. Nel 2009, il trasporto merci su strada è stato inoltre il modo dominante in tutti gli Stati membri, ad eccezione di Estonia e Lettonia.

Tutto in sei Stati. Sei Stati rappresentano il 70% del trasporto merci stradale dell’Unione europea: si tratta di Germania (308 miliardi di tonnellate/km, -10% rispetto al 2008), Spagna (212 miliardi di tonnellate/km, -13%), Polonia (181 miliardi di tonnellate/km, +10%), Francia (174 miliardi di euro tonnellate/km, -16%), Italia (168 miliardi di tonnellate/km, -7%) e Regno Unito (140 miliardi di tonnellate/km, -13%).

La crisi delle rotaie. La crisi ha avuto risvolti importanti sul settore, compreso anche il trasporto su rotaie, ma nel nostro Paese il trasporto su gomma rimane la modalità dominante, anche perché la rotaia ha subito un arretramento ben più consistente (-25,3%), scendendo a sole 17,8 miliardi di tonnellate per chilometro. Il trasporto ferroviario è comunque entrato in crisi in tutti i Paesi dell’Unione, ad eccezione dell’Estonia, dove è rimasto praticamente stabile.

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Schiavi del trasporto. Questa fotografia del trasporto pubblico, che si lega anche ai taxi e agli autobus cittadini, serve a scoprire che la nostra classe politica non ha mai investito in un cambio di rotta anzi ha reso il Paese ancora più schiavo rispetto agli approvvigionamenti di materie prime. Lo abbiamo visto con i blocchi dei giorni scorsi quando il mancato arrivo di materiali ha bloccato i turni negli impianti FIAT. Come sempre quando si crea un monopolio, o meglio si utilizza un unico strumento si crea anche una struttura di potere e di ricatto. Una struttura che può essere anche “manovrata” a seconda delle necessità. Come d’altra parte si creano gli “schiavi” del trasporto e cioè autisti pronti a manipolare i fogli viaggio per poter fare più trasferimenti possibili nell’arco di una stessa settimana (con un aumento di incidenti che ricadono poi sulla spesa pubblica e sul cittadino).

Rimedi a lungo termine. Non ci sono rimedi immediati se non la ricerca di un giusto bilanciamento tra trasporto su gomma e rotaia. Questo equilibrio eviterebbe di essere sotto scacco di una sola categoria, permetterebbe lo sviluppo di alcune aree (esempio il porto di Gioia Tauro che doveva essere il legame tra Mediterraneo e centro Europa non è mai decollato anche per la mancanza di una rete distributiva intelligente) e la conseguente crescita dell’occupazione.

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Stop agli interessi politici. Ancora una volta parliamo di una visione politica lungimirante e non legata agli interessi del breve termine (come forse dimostrano i blocchi in Sicilia dove dietro l’apparenza di una rivolta contro il governo Monti potrebbero celarsi, invece, interessi strettamente politici e di breve respiro).

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