Un Festival coatto e il naufragio della Rai
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Un Festival coatto e il naufragio della Rai

Gli ingredienti di questo Sanremo sembrano il menù di una bettola. Celentano vecchio, inutile e dannoso. La Rai come la Costa: sbaglia rotta e rischia il naufragio

Ma n'do vai, si la banana nun ce l'hai...
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Stefano Marcelli Modifica articolo

16 Febbraio 2012 - 15.39


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Molto è stato già detto su questo Festival de noantri, da anno bisestile, che sta andando in onda dall’Ariston di Sanremo.
L’elenco degli ingredienti sembra tratto dal menù di una bettola: scurrilità a gogò ( quanti “ cazzi “ sono volati nell’etere ? E quanti ne voleranno ancora ? ), gnoccone nazionali ed estere esibite con l’inguine in primo piano, come le ballerine dei mesti varietà di borgata, canzoni perlopiù inutili e alcune delle poche un po’ meglio, eliminate al primo voto funzionante.
Ma il peggio è stato raggiunto con i cinquanta minuti di televisione appaltati dalla Rai ad Adriano Celentano. Il “ caso “ vero è questo, perché cinquanta minuti di prime time su Raiuno la prima di Sanremo valgono molto di più dei 700mila euro che ( si dice ) andranno ora in beneficenza.
Quell’ora è stata interminabile e tutti, chi più chi meno, quelli che eravamo al di qua dello schermo, li abbiamo trascorsi con un crescente sentimento di pena per l’ex ragazzo del Clan divenuto improvvisamente vecchio, inutile, patetico e dannoso.
Un’occasione come quella, di parlare a milioni di italiani, lo scorso anno era stata utilizzata per rilanciare l’orgoglio nazionale in coincidenza con i 150 anni dell’Unità d’Italia. Quest’anno, l’ex molleggiato ha usato il servizio pubblico per attaccare due testate giornalistiche, normalmente frequentate solo da parroci e beghine, invocando la loro chiusura perché colpevoli di aver criticato l’esorbitanza del suo caché.
Nell’invettiva ad uso privato è entrato anche un “ deficiente “ affibbiato al critico del Corriere.
Poi, nel tentativo di elevare un po’ il tono della polemica, il tiro si è alzato sui vertici istituzionali : la Corte Costituzionale. Il tema è stato sviluppato con un improbabile contraddittorio tra il vate Adriano e un altro intellettuale come Pupo.
Poi, il profeta, ci ha proposto la sua lettura del Vangelo che, naturalmente, sarebbe l’unica veritiera.
Chi scrive è un ateo, persino un po’ anticlericale. Ma di tutte le cose di cui si può accusare la gerarchia cattolica, dall’Ici alla pedofilia, Celentano ha utilizzato metà di quei 50 minuti, per attaccarla per questioni private di cui, francamente, non ce ne può fregar di meno.
Dopo il casino seguito, inevitabilmente, alla scarsa performance dell’ex cantante rock, ora ci sono in giro commentatori un po’ suggestionabili che abboccano all’amo e ci spiegano che lo show di Celentano sarebbe un must della libertà di espressione e che il mondo libero dovrebbe mobilitarsi nelle piazze perché il maitre à penser sia messo in condizione di propinarci un’altra performance pari alla prima.
Ma Celentano non è un maitre à penser e altri cinquanta minuti brutti e inutili come quelli non ce li meritiamo.
La libertà va trattata con rispetto e utilizzata per esprimere opioni meditate su temi importanti. Con l’Europa battuta dalla crisi, il gotha finanziario che mette a ferro e fuoco la vita reale di milioni di persone, lavoratori in cassa integrazione o disoccupati, giovani fuori dal mondo del lavoro, pensioni rinviate ad libitum , politici arroccati nelle casematte delle istituzioni affannati a difendere i propri stuipendi e vitalizi in un Paese dove si tagliano insegnanti di sostegno ai ragazzi con problemi, si megano le badanti ai non autosufficienti….e via e via e via, il nostro molleggiato ci prende per il culo ( mi adeguo al linguaggio del Festival ) e ci parla dei fatti suoi.
La verità è che , l’Adriano, quei 700mila euro li voleva e, di non prenderli, non gli va proprio giù.
Vorremmo sapere che Vangelo ha letto ( o cosa gli ha detto Gesù, visto che sembra avere un filo diretto con i santissimi ) Celentano, se, dei problemi degli ultimi, pare proprio non gliene freghi un fico secco.
Francamente, le battaglie per la libertà di espressione e contro la censura mi sembra più proficuo dedicarle a casi più drammatici e significativi.
La cosa tragica è che tutto questo avviene sull’ammiraglia del servizio pubblico televisivo. La Rai, vista da questo Sanremo 2012, somiglia molto alla Costa Crociere comandata da Schettino.
Sì, questo Sanremo somiglia molto ad un naufragio. Ma, si dirà, ci sono gli ascolti che battono ogni record. Ma gli ascolti, perseguiti nel totale disprezzo del buongusto, della qualità artistica e della funzione sociale del prodotto televisivo, credo siano in contrasto con la natura stessa del servizio pubblico e della sua stessa ragion d’essere.
Se la Rai, come la Costa, perde la rotta inseguendo gli ascolti ma perdendo di vista il fine stesso della propria esistenza, finirà sugli scogli e poi comincerà ad affondare.
Quegli ascolti, mi si dirà ancora, portano risorse che pagheranno anche il tuo lauto stipendio.
Lo so, e taccio. Ma mi vergogno.

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