Alla Difesa non usano mezzi termini: il fermo dei due marò italiani in India rappresenta un disastro per la Marina. Si potrebbe dire una Caporetto, se non si trattasse di mare. Perché, secondo alte fonti militari contattate da Globalist, il pasticcio diplomatico è il frutto di una serie di errori, di approssimazioni e di dilettantismi che non hanno precedenti. E che dimostrano che non sempre nella Difesa ci sono quelle professionalità che servono, ovvero (forse è meglio) che professionalità riconosciute finiscono all’angolo, magari perchè non appartengono alla cordata giusta.
Ma veniamo alle questioni:
Militari nelle navi civili. Uno dei più accaniti sostenitori della presenza dei militari a bordo delle navi civili è stato l’attuale capo di Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Branciforte, che in passato è stato il direttore del servizio segreto militare, il Sismi poi diventato Aise. Branciforte ha fortemente voluto coinvolgere la Marina militare e la copertura giuridica è stata data dalla direttiva anti-pirateria approvata dalle Nazioni Unite. Così in Italia è stata approvata tramite un decreto legge (non segreto ma tenuto rigorosamente riservato) la presenza di Nuclei di Protezione Militare, pagati direttamente dagli armatori a prezzi stracciati rispetto al costo dei “contractors” privati. E fino a qui Globalist aveva già raccontato tutto.
Ma, sottolineano alla Difesa, oltre all’aspetto più propriamente militare, i marò imbarcati nelle navi avevano fatto uno specifico corso di polizia? Era stata fornita loro la minima conoscenza giuridica delle norme a cui attenersi in caso di attacco o di crisi? La risposta è no. Mandati a bordo e basta. Un carabiniere, un poliziotto oltre a usare la pistola viene addestrato su come e quando usarla. Se arrestare o denunciare a piede libero. I marò sono stati imbarcati nelle navi senza un’adeguata preparazione di “polizia”. E le conseguenze di sono viste.
E ancora: i caveat, ossia le regole di ingaggio, erano chiare? Puntuali? Sparare in aria, sull’acqua, a bordo? Come determinare un attacco? A occhio? A sensazione? Buio. I militari non erano preparati adeguatamente da questo punto di vista. E non lo sono nemmeno i nuclei “riservati” che attualmente sono sulle altre navi.
La consegna agli indiani. In questi giorni sono circolate alcune indiscrezioni. Le ripetiamo nell’ordine. La Marina aveva detto di proseguire ma il comandante della nave è tornato egualmente indietro; gli indiani hanno attirato gli italiani con un tranello.
La prima è sicuramente falsa. Una nave civile italiana in acque internazionali è comunque sottoposta agli ordini della marina militare. Se dalla Marina militare arriva un ordine il comandante deve ubbidire, punto e basta. Tutti ricordano la telefonata De Falco – Schettino, quando De Falco ha esclamato: “Ora comando io, vada a bordo. E’ un ordine”.
Ecco se qualcuno dalla Marina in quei momenti concitati avesse detto al comandante “prosegua, cazzo”, quest’ultimo avrebbe dovuto obbedire. Altrimenti ora finirebbe nei guai. Il comandante della nave è sotto procedimento per ammutinamento? No. Quindi l’ordine di proseguire non deve essere mai arrivato. Del resto la Marina Militare, soprattutto se ci sono suoi uomini a bordo, non consiglia, ordina.
Quanto al “tranello” c’è da sperare che sia solo una storiella inventata per tacitare un’opinione pubblica che si vuol trasformare in anti-indiana, esattamente come in India si cavalca il sentimento anti-italiano.
Se la catena di comando italiana, in una situazione di emergenza, fosse caduta nel tranello come non potrebbe nemmeno accadere all’ultimo degli sprovveduti, allora il governo dovrebbe rimuoverli tutti in massa. Militari sparano da una nave, c’è un “codice rosso” e si cade in una trappola? Cosa ha fatto in quelle ore il contrammiraglio Franco Favre, addetto militare dell’ambasciata e molto legato a Branciforte? Ci sono fonogrammi, registrazioni e documenti che potrebbero essere visionati dal Parlamento, nel caso si volesse far luce?
La Caporetto degli ammiragli. Alla Difesa parlano di una serie incredibile di errori e approssimazioni. Una Caporetto appunto. Non esiste un destino cinico e baro. Ci sono due uomini che rischiano l’arresto, consegnati alle autorità indiane per colpa di un sistema che fa acqua (è il caso di dire) da tutte le parti. E oggi si lavora per mettere una pezza alla falla, cercando di evitare il naufragio competo. Come Schettino, che prima ha fatto la fesseria e poi ha cercato di correre ai ripari per limitare i danni. Ecco, civile o militare, sono brutti tempi per la marina.