Imprenditore, agente di cantanti neomelodici e soprattutto esponente di una famiglia – i Sarno di Ponticelli – che per decenni è stata ai vertici di uno dei clan camorristici più influenti della città, Carmine Sarno si ritrova da intoccabile a vittima del racket. Viene minacciato e costretto a pagare il pizzo, poi a cedere le sue attività e infine ad abbandonare il rione, ma lui non ci sta e denuncia tutto ai carabinieri. La sua storia è ora al centro dell’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che questa mattina ha portato all’arresto di otto presunti affiliati al clan Casella-Circone, un gruppo di camorristi emergenti che si stanno imponendo nell’area orientale della città. Carmine Sarno, conosciuto nel suo ambiente con il soprannome di “Topolino”, è il fratello dell’ex boss di Ponticelli Ciro Sarno e di Giuseppe, Pasquale e Vincenzo Sarno, tutti nomi storici della camorra napoletana e oggi collaboratori di giustizia.
Carmine, invece, non ha un ruolo all’interno del clan ma ha sempre beneficiato di alcuni privilegi legati al suo cognome, gestendo un’agenzia musicale (“La bella Napoli”) che promuoveva cantanti neomelodici e una ditta di pulizie che lavora al mercatino rionale e in un complesso edilizio. Tutto cambia, però, a partire dal 2009 quando i fratelli boss decidono di collaborare con la giustizia e il nome dei Sarno, negli ambienti di camorra, diventa sempre meno benvisto. E’ così che Carmine Sarno finisce nel mirino della camorra, quella del racket che fino a qualche tempo prima era nelle mani dei suoi familiari. Gli emissari del nuovo gruppo Casella-Circone non lo risparmiano e cominciano a minacciarlo: prima gli impongono una tangente di 2mila euro mensili, poi accettano di dimezzarla, infine pretendono e ottengono la chiusura dell’agenzia musicale e la cessione della ditta di pulizie.