Non c’è pace neanche da morto per l’ex boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis: oggi, a sorpresa, arrivano in difesa della sua memoria le parole di un uomo di Chiesa. Mentre la procura di Roma decide l’apertura e l’ispezione della sua tomba nell’ambito dell’inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi, l’ex rettore di Sant’Apollinare, mons. Piero Vergari, cui si deve la sepoltura nel 1990 dell’uomo nella cripta della basilica, continua a difenderne la memoria. «Dei morti non si deve dire altro che bene», ripete l’anziano sacerdote, oggi 86enne, dal suo buen retio in Sabina.
«Su questa vicenda non ho fatto dichiarazioni in passato, non le faccio adesso e non le farò mai – si schermisce dapprima al telefono -. Io sono un sacerdote e faccio solo il mio dovere». Ma poi aggiunge: «Vi invito a leggere bene le frasi che ho messo anche sul mio sito: “Parce sepulto” e “De mortuis nil, nisi ben”». E cioè: «Perdona chi è morto e sepolto» e «dei morti non si deve dire altro che bene».
Fu lo stesso mons. Vergari il 6 marzo 1990, a soli 32 giorni dall’uccisione di Renatino De Pedis in via del Pellegrino, ad attestare in una lettera lo status di «grande benefattore» dell’ex boss, che aveva conosciuto anni prima durante le visite ai detenuti a Regina Coeli. Dopo quattro giorni l’allora vicario di Roma e presidente della Cei, card. Ugo Poletti, diede il nulla osta alla sepoltura di De Pedis all’interno della basilica di Sant’Apollinare, dove la salma fu quindi traslata il 24 aprile di quell’anno dal cimitero del Verano.