Nella prima consultazione elettorale dopo il cambio di governo del novembre scorso, i vescovi rimangono visibilmente orfani di riferimenti politici sul campo, gli elettori cattolici si disperdono lungo una proposta politica quanto mai ampia e lo fanno seguendo essenzialmente i propri umori più che le indicazioni della Chiesa. E quest’ultima, del resto, sembra non più in grado, dopo la stagione del berlusconismo, di esprimere un rapporto preferenziale con qualche area culturale o partito. Il cattivo risultato di Casini non ha lasciato, fra l’altro, grandi rimpianti dietro di sé stando ai commenti sul voto del mondo cattolico.
Ma andiamo con ordine, anche perché i giudizi su quanto è accaduto nelle urne, variano non poco da un palazzo all’altro dell’edificio ecclesiastico. A partire dal Vaticano che ieri con una nota dell’Osservatore romano, prendeva decisamente le difese di Monti: “il Governo tecnico sembra essere riuscito a opporre una cortina di ferro al propagarsi dell’incendio antisistema e antieuropeo che ha giocato il suo ruolo nelle elezioni di altri Paesi”. “Da queste consultazioni – si affermava poi – l’esecutivo sembra uscire rassicurato sulle sue chances di arrivare al termine della legislatura”. Il messaggio arrivava – via Osservatore – dalla Segreteria di Stato che, così facendo, mandava un segnale di amicizia inequivocabile al governo. Dai sacri palazzi, inoltre, veniva recitato un ‘de profundis’ a tutto tondo per il Pdl e lo stesso Alfano, segno che in politica nessuna alleanza è per sempre.
A proposito del Pdl, il giornale della Santa Sede infatti affermava: “paga la mancanza di un progetto politico tale da rilanciarne, almeno in prospettiva, l’azione, e il risultato elettorale potrebbe rendere evidenti i contrasti all’interno del partito, soprattutto in tema di leadership”. Insomma in Vaticano si respirava una certa soddisfazione per aver mantenuto la barra dritta sul governo e intuito che il Pdl non poteva più essere – in tali condizioni – un interlocutore. La sensazione è che la posizione del cardinale Angelo Bagnasco, che pure ha denunciato la gravità della crisi, ma è rimasto incardinato su un’ipotesi di accordo con il centrodestra dopo la ripresa del Pdl sotto la guida di Angelino Alfano, sia rimasta isolata.
Avvenire, organico alla Cei, nelle parole del suo direttore Marco Tarquinio, non a caso ha dipinto un quadro assai più cupo della situazione: “questo voto indirizza anche al premier e ai suoi ministri un monito” – il Paese è sotto stress – “ma soprattutto li conferma nell’inevitabile compito di piloti della nave Italia lontano dagli scogli di uno choc alla greca e di co-ispiratori di una possibile e necessaria correzione di rotta, oltre il mero rigorismo, dell’Unione Europea”. E poi veniva lanciato l’allarme per il “vuoto” creatosi nel centro politico, mentre il frastagliato voto amministrativo era collocato sulla stessa linea del caos alla greca.
E qui è l’altra differenza di valutazione. Da una parte l’affermazione di “Cinque Stelle” preoccupa più o meno tutti, appare come un ciclone difficilmente evitabile nel quadro attuale, ma è variabile invece l’interpretazione che se ne dà. C’è infine il calo dei votanti: per Avvenire l’astensione è grave, per l’Osservatore è “forte ma non così clamorosa” , e infine per il Sir, l’agenzia stampa della Cei – non proprio in linea questa volta con il vertice dei vescovi – si tratta di “un calo significativo ma non drammatico”. Ma soprattutto il Sir nella sua nota politica, sottolineava come, di fronte alla crisi in atto a livello europeo, “la risposta italiana è molto più simile a quella francese che a quella greca. Così come è simile il risultato della maggiore delle forze di centro-sinistra, il Pd”. Ancora si guardava con interesse ai referendum anti-casta che hanno raggiunto il quorum in Sardegna, da lì, si spiegava, arriva una richiesta di efficienza e dimagrimento di partiti e amministrazioni che non va elusa. In quanto al voto di protesta, per l’agenzia della Cei, è stato contenuto.
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