Senza lavoro non si vive: e si uccide
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Senza lavoro non si vive: e si uccide

Nella disperazione, Angelo Coppola ha ricordato la Costituzione che dice che il nostro Paese è fondato sul lavoro. Altro che analisi del voto. [Onofrio Dispenza]

Senza lavoro non si vive: e si uccide
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

9 Maggio 2012 - 10.30


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di Onofrio Dispenza

Dopo il voto, di chi l’analisi più lucida del momento che viviamo? Da Angelo Coppola, che non è un protagonista della politica e non è un volto nuovo dell’antipolitica. Non è di destra, non è di centro, e non è di centrosinistra. E non si oppone a tutto e a tutti.

In effetti, abbiamo usato il presente quando avremmo dovuto usare il passato. Perché‚ Angelo Coppola‚ passato, ieri, a miglior vita, nel giorno in cui l’esercitazione sull’interpretazione del voto era massimo e ciascuno dava il meglio e anche il peggio di se.

Angelo Coppola è passato a miglior vita con un colpo di fucile che si è sparato quando è rimasto solo a casa. Moglie e figli fuori, e tutto è stato più facile. Prima di spararsi poche parole, a penna, su un foglio: “Senza lavoro non si può vivere”.

Nella disperazione, Angelo ha saputo fare meglio dei padri della Costituzione quando hanno scritto che il nostro Paese è fondato sul lavoro. Angelo ha fatto sicuramente meglio, il suo pensiero sulla democrazia è più forte e diretto, “Senza il lavoro non si può vivere”.

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Frase bellissima e che stringe la gola. Frase che andrebbe messa in bella vista nelle aule scolastiche, come nelle aule giudiziarie si fa con “La legge è uguale per tutti”. E questo, in un Paese dove il lavoro -come la legge equa- non sono per tutti, ma per una cerchia che si stringe sempre di più, pericolosamente.

Angelo, lo sapete, non aveva lavoro dal Natale dello scorso anno, la ditta per la quale aveva lavorato non aveva più commesse, e a San Valentino Torio, Val di Sarno, non è che ci siano tante alternative. Il paese da sempre vive di agricoltura, prodotti poveri come il pomodoro, che spesso non conviene raccogliere tanto poco vale al mercato.

E’ Campania, la provincia di Salerno. Qui, come in gran parte del Sud la povertà non aveva mai fatto tanta paura, con la povertà si conviveva, e quando diventava insopportabile si emigrava. Ma ora, dove si va? Nord e Sud non sono stati mai così? vicini nella disgrazia. Qui la fanno finita gli operai, al Nord anche gli imprenditori.

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Un tempo non era cos?ì e la povertà riusciva a volte ad accendere la fantasia e a mobilitare l’ironia, anche in cucina. Mancava la carne? Non era un problema, e le donne, da queste parti, in cucina facevano”e purpette e pastunache”, polpette che al posto della carne richiedevano solo le più povere e accessibili carote (le pastunache). Come in Sicilia, con il più irridente dei piatti, inventato nella povertà più nera: la pasta con le sarde a mare, pasta con nient’altro che la mollica abbrustolita. E le sarde? A mare, appunto, non si potevano comprare.

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