Imponeva il caffè della mafia ai bar di Palermo
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Imponeva il caffè della mafia ai bar di Palermo

"Coffee Break" si chiama l'operazione della procura distrettuale antimafia. Sequestrate cinque società e denunciato l'imprenditore pluripregiudicato.

Imponeva il caffè della mafia ai bar di Palermo
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26 Maggio 2012 - 15.51


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Imponeva ai bar di Palermo con metodi tipicamente mafiosi l’acquisto di forniture di caffè, commercializzate da una delle due società. Questa l’ipotesi di reato venuta fuori dalle indagini su un palermitano pluripregiudicato e ritenuto, in passato, uomo di fiducia del boss Totò Riina e condannato in via definitiva per associazione mafiosa.

Sono state sequestrate cinque società, per un valore ci circa 4 milioni di euro, dai finanzieri de nucleo di polizia tributaria di Palermo. Due bar, una palestra e due aziende nel settore del commercio all’ingrooso di caffè, tutte riconducibili alla stessa persona. Il provvedimento è stato emesso dal gip Riccardo Ricciardi, che ha accolto la richiesta della procura distrettuale antimafia, nell’ambito dell’operazione “Coffee Break”.

Le indagini sono dirette dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dal pm Dario Scaletta e hanno evidenziato che l’uomo aveva attribuito a propri prestanome la titolarità delle attività commerciali sequestrate. L’obiettivo era quello di “eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione”. Oltre che per il reato di trasferimento fraudolento di valori, l’uomo è stato denunciato per estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Insieme a lui sono state denunciate altre 11 persone, per concorso nello stesso reato. Alcune di queste appartengono al suo nucleo familiare. In buona sostanza il plurigregiudicato risultava dipendente di una di queste società, di fatto però controllandone l’attività, secondo le ipotesi dell’accusa. Nel corso delle indagini sono stati accertati altri episodi attibuibili alla stessa persona, in collaborazione con un altro esponente della criminalità organizzata.

E qui entra in gioco lìoperazione “Coffee Break”. Infatti, i due avrebbero imposto ad un bar di Palermo – con metodi tipicamente mafiosi – l’acquisto di partite di caffè provenienti dal una delle attività sequestrate, nonostante la qualità inferiore del prodotto e i prezzi non competitivi sul mercato. Il ruolo di spicco dell’imprenditore, è stato anche evidenziato da alcuni collaboratori di giustizia, individuando l’uomo come quello che ambiva a diventare il leader incontrastato nella fornitura di caffè agli esercizi commerciali di Palermo.

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