Si riapre il caso La Torre
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Si riapre il caso La Torre

Una nuova pista per il delitto di Pio La Torre e di Rosario Di Salvo. La magistratura ha aperto un fascicolo. Emerge un intreccio di interessi, non solo mafiosi. [Onofrio Dispenza]

Si riapre il caso La Torre
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10 Giugno 2012 - 14.51


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di Onofrio Dispenza

“Mi aiutate a tradurre il linguaggio mafioso di questi documenti?”. Qualche mese prima d’essere ucciso, Pio La Torre, inviato in Sicilia come segretario regionale del Pci per rilanciare il partito ma anche, e soprattutto, per “mettere ordine” al suo interno, ripulendolo di quanto gli era rimasto attaccato dagli anni del consociativismo, volle incontrare 5 intellettuali siciliani per mostrare loro carte e documenti riservati. Era il 1982, e il 30 aprile di quell’anno Pio La Torre sarebbe stato ucciso, col suo autista. Non era il tempo delle scorte e delle auto blindate, e la tv offrì al paese le immagini di due cadaveri scomposti, frutto di una missione di morte portata a termine da tre killer che hanno un nome: Antonio Lucchese, Nino Madonia e Salvatore Cucuzza. Quest’ultimo, poi divenuto collaboratore di giustizia, e che nella seconda metà degli anni novanta contribuì a riaprire il caso, raccontò che spararono su La Torre senza sapere chi fosse la vittima. Sapevano di dover uccidere, ma non sapevano di dover uccidere il segretario regionale del Pci. I killer seppero nel pomeriggio, dalla prima pagina de L’Ora chi avevano ucciso. Il processo ha indicato la Cupola mafiosa come mandante dell’agguato, ma tutto, anche le ultime novità, fanno pensare che, anche in questo caso, come in altri delitti eccellenti, l’agguato sia stato l’atto finale di un intricato incontro e incrocio di interessi, non solo mafiosi.

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Dunque, dopo l’arrivo al vertice del Pci siciliano, La Torre raccoglie documenti e “pizzini” che ritiene di grande interesse, documenti che lui stesso, seppure intelligente conoscitore delle cose di Sicilia (a metà degli anni settanta, coraggioso relatore di minoranza dell’Antimafia)non riesce a ”leggere”. E per questo si rivolge ai cinque intellettuali, L’episodio restò sconosciuto fino al 2007, quando a parlarne fu il giornalista Tano Gullo, su Repubblica. Ora, un libro,”Chi ha ucciso Pio La Torre?” di Armando Sorrentino, all’epoca legale del Pci, e Paolo Mondani, giornalista. Alla luce della nuova pista, un gruppo di intellettuali ha chiesto ai magistrati di riaprire il caso, e la magistratura ha aperto un fascicolo “atti relativi” per dare un nome ai cinque professori ai quali La Torre si era rivolto per decifrare i messaggi mafiosi che il segretario del Pci aveva”annusato” in quei documenti. La Torre incontrò i professori, doveva incontrarli di nuovo per dare loro le carte ma non fece in tempo. Arrivò prima l’agguato del 30 aprile 1982.

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Chi sono i cinque? Agli autori del libro ha parlato un professore universitario di Catania, uno dei cinque, chiedendo di poter restare nell’anonimato. Dopo 30 anni, quello che sta dietro il delitto La Torre fa ancora paura. Il professore avvicinato dai due autori dell’inchiesta ha detto che La Torre aveva contattato anche un professore di Messina e altri tre intellettuali di altrettante città dell’Isola.

Che documenti? Probabilmente, “atti di fonte giudiziaria o di fonte di polizia”, di un arco di tempo assai vasto, dalla strage di Portella delle Ginestre al momento politico vissuto da La Torre, momento molto particolare anche per il rapporto del Pci siciliano col resto del potere politico ed economico della regione. La Torre non voleva trascurare un solo angolo della complessa realtà siciliana, voleva capire e sapere tutto anche e soprattutto di quello che gli stava vicino. Aveva una visione totale delle cose, analizzava la realtà affrontando i vari livelli, da quello internazionale al regionale, passando per il nazionale. Per questo, puntava l’indice accusatore sulla base militare di Comiso e scrutava nelle pieghe della politica locale per individuare gli eterni rapporti con la mafia, filo rosso che legava il presente alla strage di Portella, come ha detto Andrea Camilleri nella presentazione del libro.

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Si riapre, dunque, il caso La Torre, riapertura già chiesta dall’avvocato Sorrentino nel 1996, nel tempo del racconto del killer. L’obiettivo è dare un nome ai cinque. Quindi, ascoltarti e magari sapere quel poco o tanto che La Torre era riuscito a dire loro. Una cosa sembra certa, i cinque intellettuali erano di area, ma fidati, lontani da quelle zone grigie che erano diventate la forza della mafia.

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