“I cittadini romani non lo sanno, ma
questa è un’estate superattiva per trasferire i rom della
Capitale da un punto all’altro. In maniera inutile e costosa. Il
percorso è sempre lo stesso: rendere difficile la vita nei campi
attrezzati esistenti, smettendo la manutenzione, invocare il
‘degrado’, e poi allontanarli oltre il Raccordo anulare. Stavolta
il gioco è più costoso e sperpero di soldi pubblici. E’ anche
imbarazzante, visto che il Tribunale di Roma ha rilevato che ‘il
codice comportamentale imposto agli abitanti del nuovo villaggio
attrezzato La Barbuta appare lesivo del diritto della libertà
personale, alla vita privata e familiare e alla libertà di
riunione’, e ha chiesto di fermarsi”. La Comunità di Sant’Egidio denuncia la pratica della capitale.
“Si distrugge il ‘campo
attrezzato’ di Tor dè Cenci, regolare e attrezzato dal 2000, con
fogne e opere già fatte a carico del Comune. Si decide di
affollare il campo de La Barbuta, fatto con 9 milioni di euro del
fondo ‘emergenza rom’ nazionale. Prima di spingere gli abitanti a
trasferirsi in modi diversi, sono stati interrotti i servizi
necessari alla manutenzione e gestione del campo. Lo si è
‘declassato’ da ‘campo attrezzato’ a ‘campo tollerato’. Adesso si
procede all’espulsione di quelli rimasti. Per evitare equivoci-
si legge ancora- si abbattono con le ruspe i container comprati
con i soldi pubblici e riutilizzabili anche in altri luoghi. Le
macerie restano sul terreno e davvero per chi resta è il
degrado. Sembra bombardato”.
E poi, spiegano da Sant’Egidio, “erano in attesa,
comunque, per La Barbuta, già una parte dei rom che stavano a
Casilino 900, mai ricollocati da tre anni, e quelli che stanno al
Salario, più di 300 persone: in assistenza a carico del Comune a
25-40 euro al giorno a persona (300 persone fanno 9 mila-10 mila
euro al giorno che si continuano a pagare. Una famiglia di cinque
persone che costa sui 4,5 mila euro al mese. Con molto meno si
affittano case decenti. Ma il Comune non lo fa. E non utilizza
nemmeno il nuovo campo de La Barbuta per loro”.
In sostanza “sarebbe stato più semplice e meno costoso in ogni caso riqualificare il campo
attrezzato di Tor dè Cenci e lavorare all’integrazione, invece
di lavorare alla sua scomparsa per inseguire la promessa che i
rom non devono stare a Roma”.
“Fermare
immediatamente queste operazioni (movimenti per rendere la vita
difficile agli abitanti sono registrati anche nel campo di Monte
Mario, con l’abbattimento delle protezioni dal sole in piena
estate), per evitare ulteriori danni e spreco di denari
pubblici”, alza la voce Sant’Egidio che chiede poi di “quantificare il valore delle opere di
urbanizzazione e dei container regolari distrutti nel campo di
Tor de’ Cenci e nei casi analoghi precedenti”. E anche “il costo
della mancata ricollocazione delle persone sgomberate in passato
dal momento degli sgomberi a oggi, anche considerando che nel
frattempo sono stati realizzati col Piano emergenza rom nuovi
campi attrezzati, ma non utilizzati per i primi ‘sfollati’ in
assistenza”.
Infine chiede “di introdurre il
principio della responsabilità personale e economica nelle
decisioni che comportano evidente spreco di denari pubblici
perché non siano i cittadini a sopportarne il peso. Sorprende-
conclude la Comunità di Sant’Egisio- che in tempi di austerità
e di spending review si continuino a prendere decisioni dannose
del bilancio della città quando esistono (ed erano state
proposte dalla Caritas, dalla Comunità di Sant’Egidio e altri)
alternative ragionevoli”.