Condanne a pene ridotte per gli 11 neo brigatisti, accusati di preparazione vari attentati, tra i quali quello a Pietro Ichino, giuslavorista e parlamentare. Lo ha deciso la Cassazione, confermando la sentenza del processo di appello bis. Secondo la suprema corte le cosiddette nuove Br del partito comunista politico-militare, non possono essere considerate alla stregua di un’organizzazione terroristica. Inammissibile il ripristino dell’accusa di terrorismo, chiesta dalla Procura generale di Milano, secondo Stefano Agrò, il presidente della II sezione penale della Cassazione.
Il gruppo, secondo i giudici della suprema corte, aveva in testa un “disegno eversivo e sovversivo”, oltre che stava progettando una serie di azioni, che però erano caratterizzate “da violenza generica e non terroristica”. I brigatisti, finiti in manette durante l’operazione “Tramonto” del 2007, guidata dal giudice Ilda Boccassini, avevano sì in mente di utilizzare la violenza per raggiungere i loro scopi, ma non si può dire che le Nuove Br abbiano agito con “modalità terroristiche”, perché i presunti brigatisti si sono posti il “problema di evitare gli ‘effetti collaterali’ della loro azione eversiva e violenta”, senza voler “generare panico o terrore”, malgrado avessero intenzione di fare proseliti con la propaganda armata.
Ecco quali sono le condanne agli undici: Alfredo Davanzo, l’ideologo del gruppo, dovrà 9 anni di reclusione; Davide Bortolato, considerato il leader padovano dell’organizzazione, resterà in carcere per 11 anni. Claudio Latino, il capo della cellula milanese, condannato a 11 anni e mezzo. 5 anni e 3 mesi per Massimiliano Gaeta; 8 anni per Bruno Ghirardi; 10 anni per Vincenzo Sisi, presunto capo del nucleo torinese; 7 per Massimiliano Toschi; 2 anni e 2 mesi per Amarilli Caprio, Alfredo Mazzamauro e Davide Rotondi; 2 anni e 4 mesi per Andrea Scantamburlo. Assolto invece un dodicesimo imputato, Salvatore Scivoli.
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