La prima volta è stata nel 1965. Oltre un milione di morti, la maggior parte dei quali comunisti e sindacalisti. Poi c’è stato il 1973. E poi, ancora, il 1978, il 1979, il 1982. E ancora e ancora. La mani dei componenti dei vari consigli di amministrazione dell’Alcoa sono impregnate del sangue di milioni di bianchi, gialli, neri, presidenti e operai, generali e militanti politici. Sono decine i colpi di Stato in cui la multinazionale di Pittsburg ha avuto un ruolo di primo piano.
In Indonesia governava il presidente Kusno Sosrodihardjo, conosciuto come Sukarno, l’uomo dell’indipendenza del Paese dai colonialisti olandesi. Sukarno aveva deciso di nazionalizzare tutte le risorse energetiche: petrolio, gas, argento, bauxite. Un passo troppo ardito per gli interessi economici statunitensi e delle sue multinazionali, Alcoa in testa. Il primo ottobre 1965 alcuni generali, guidati dalla Cia e finanziati dall’Alcoa, arrestarono Sukarto e presero il potere con la forza. Nell’anno che seguì i membri dei partiti politici che si opponevano al colpo di Stato, in particolare i comunisti, furono sterminati. Fu un vero e proprio genocidio.
La Aluminium Company of America nacque nel 1988 come società mineraria. Bauxite, questo era il minerale di cui gestiva l’estrazione. Nel sottosuolo nordamericano, però, c’è poca bauxite. I giacimenti si concentrano in Sudamerica, Africa, Russia, Cina, Sud-Est asiatico e Australia. L’Alcoa è quindi diventata per ragioni di sopravvivenza una multinazionale. E la sua storia è intrecciata con quella della politica estera Usa.
La replica del golpe indonesiano andò in scena otto anni dopo. Il presidente cileno Salvador Allende aveva deciso di nazionalizzare le risorse minerarie, in particolare rame e bauxite, che rappresentavano oltre l’ottanta per cento della ricchezza del Paese. L’11 settembre 1973 le forze armate, guidate dal generale Augusto Pinochet, occuparono tutti i centri di potere con i carri armati e bombardarono il palazzo presidenziale. Allende morì, e con lui furono assassinati migliaia di giovani, ammassati nello stadio di calcio della capitale. Per il ruolo preminente avuto nel golpe, l’Alcoa venne ricompensata dai militari con la restituzione del pieno controllo delle miniere del Cile.
Nei vent’anni successivi la multinazionale ebbe un ruolo di primo piano in tanti Paesi dell’America Latina, dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania. Sempre lo stesso copione. Colpo di Stato, ma talvolta anche guerra civile, e, dopo la vittoria della fazione finanziata dall’Alcoa, presa di possesso delle miniere. L’episodio più clamoroso nel 1996, quando per il controllo delle ricchissime miniere della Repubblica del Congo venne addirittura scatenata una guerra internazionale, con nove Paesi africani coinvolti. L’ultimo colpo di Stato risale al 2011. Il presidente del Paraguay, l’ex vescovo Fernando Lugo, voleva nazionalizzare le miniere di bauxite. Nel giugno dello scorso anno è stato destituito da un golpe bianco. Documenti pubblicati da Wikileaks hanno dimostrato che dietro i golpisti c’erano la Cia e l’Alcoa.