“Guarda, se fosse stato per me, se fossi un giornalista, avrei detto che questo Conclave si riassume in una frasetta: uscito di scena Biancaneve restano i sette nani… Nel senso che la statura e il candore di Ratiznger non li può negare nessuno, ma le sue dimissioni oltre che sollecitare riforme, cambimenti e ammodernamenti sono state anche la dolorosa constatazione che i meccanismi curiali hanno avuto il sopravvento su di lui, e non viceversa. A questo dato di fatto come si è risposto? Con un telegramma freddino, che è parso indicare fastidio per un gesto che ha comportato arroccamento. Dunque invece di aprirsi, invece che andare verso la discontinuità, la collegialità, la sfida alta, ci si chiude. E i nomi che circolano indicano che siamo proprio qui, all’arroccamento.”
No, non c’è entusiasmo per i nomi “papabili” nel nostro interlocutore, anzi, c’è l’idea che alla fine potrebbero anche accordarsi, l’uno papa e l’altro segretario di stato. Contando su 47 voti già dalla loro. “Ma Sherer capisce e rappresenta il Brasile o il Terzo Mondo quanto me, o forse di meno, visto che io il Brasile, da turista, lo amo. E’ possibile che il caso O’Brien non abbia insegnato nulla? E il caso O’Brien non è il caso di O’Brien, ma il caso di chi ha scelto i vescovi come O’Brien. Difficili con questi rievangelizzare: la rievangelizzazione dell’Occidente con gli europei che circolano rimarrebbe a dir poco ex cathedra, non certo capace di calarsi in una scoperta dell’antropologia contemporanea, che rimarrebbe la grande sconosciuta.”
Parlare di colpo d’ala statunitense gli risulta impossibile da credere: “Obama accetta l’idea di essere criticato dai vescovi americani, di meno di essere criticato un giorno sì e l’altro pure dal papa.” E allora? “Allora va così, amico mio, a meno che la cosa non vada per le lunghe, e si ritorni sul canadese, o emerga un altro europeo…”
