Papa Francesco. I gesti. Le parole. Gli atti. La fede. L’umiltà. Ecco l’umiltà. Dio solo sa di quanto ne abbiamo bisogno, in un mondo dove conta più apparire che essere, assediati come siamo da potenti farabutti e impuniti, osceni privilegiati delle Caste di ogni colore, cialtroni foderati di denaro e di arroganza, incuranti dei più deboli ed emarginati. Ecco perchè, Jorge Mario Bergoglio che “i fratelli cardinali sono andati a prendere quasi dalla fine del mondo”, ha subito conquistato il mondo.
A cominciare dal grandissimo nome che si è dato, andato dritto al cuore della gente, di ogni credo e di ogni latitudine. Alimentando la speranza che, nel nome di San Francesco, il nuovo Pontefice faccia piazza pulita delle degenerazioni della curia vaticana, degli scandali ignobili e dei veleni propalati in questi anni di melma.
Ieri sera, ha cominciato con una parola di nove lettere. “Buonasera”, ha detto ai centocinquantamila di Piazza San Pietro e ai milioni di persone che lo seguivano sul web, alla tv e alla radio. Non si è mai chiamato Papa, ma vescovo. Il vescovo di Roma. “Il vescovo e il popolo, il popolo e il vescovo”. Subito, ha rivolto un pensiero a Benedetto XVI, al quale ha telefonato dopo la cerimonia. Ha chiesto di pregare per lui. E, alle ventidue, ha trovato il tempo di chiamare Stefania Falasca, giornalista vaticanista e alla sua famiglia, della quale era stato ospite prima del Conclave. Uno dei figli Falasca è stato in Argentina, in una favela di Buenos Aires, “per dare una mano a chi ne ha bisogno”. La giornalista è scoppiata in lacrime dall’emozione.
Stamane, alle 7.50, [url”Francesco era già in Santa Maria Maggiore”]http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=41316&typeb=0&La-prima-preghiera-del-Papa-a-S-Maria-Maggiore[/url], per pregare la Madonna. Ha raggiunto la basilica viaggiando su un’automobile senza contrassegni papali. Del resto, le sue biografie ci raccontano di come abbia sempre preferito prendere il metro o l’autobus, disdegnando le auto blu, gli orpelli cardinalizi. Quella croce d’argento e non d’oro, che porta sul petto, è un altro segno.
Tornando in Vaticano, Francesco è passato dalla Casa del Clero, dove aveva alloggiato prima di entrare in Conclave: voleva pagare il conto. Gli hanno spiegato che l’istituto è a disposizione dei sacerdoti e il soggiorno è gratuito. Bergoglio voleva pagare comunque. Ve l’immaginate un qualunque scialacquatore di denaro pubblico, magari eletto alla Camera o al Senato nelle liste bloccate dalle segreterie di partiti, che chiede di pagare il conto? Semmai lo paga con i soldi dei contribuenti, con i quali ci compra pure i kinder o si fa un aperitivo da 100 euro nei locali più trendy.
Poco fa, telefona un amico dall’Argentina. Racconta che a Buenos Aires e nel resto del Paese ancora non ci credono di avere il primo Papa argentino, sudamericano, delle Americhe. Il Papa dei poveri. Ride: “Avevamo già Messi e Maradona, ora Francesco. Qualcuno forse dubitava che il Numero 10 di Dio potesse non essere argentino?”. Il Numero 10 di Dio. Che meraviglia.
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