Una scatola piena di documenti e una busta con altri fogli dentro. Le carte del passaggio di consegne, quelle scelte da Ratzinger da dare direttamente e di persona al suo successore, erano poggiate sul tavolino nella biblioteca del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo dove si è svolto il colloquio riservato fra i due papi, Francesco e Benedetto.
Se infatti le dimissioni del Papa emerito sono scaturite anche da una stanchezza reale, va detto che lo stesso papa tedesco lo scorso 11 febbraio, giorno dell’annuncio della rinuncia, spiegò la difficoltà del suo ufficio: “per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. E il governo della Chiesa è appunto il fattore di maggiore sofferenza degli ultimi anni del pontificato di Ratzinger. Così ieri, i due papi, hanno parlato anche dei problemi interni al Vaticano, dell’eccessiva ridondanza degli apparati, della necessità di snellire, cioè diminuire, i dicasteri, di costruire una squadra di persone affidabili, delle rivalità e dei carrierismi, pure denunciati da Benedetto XVI poco prima di dimettersi.
In materia di interventi sulla Curia Ratzinger ha un’esperienza non felice, a lui l’operazione non è riuscita, per questo, spiegano dal Vaticano, “avrà confidato al suo successore che il fattore tempo è decisivo”, le azioni di riforma vanno compiute in tempi rapidi, prima che i frutti avvelenati di vatileaks e delle lotte di potere interne alla Curia riprendano quota, visto che anche durante le congregazioni generali del pre-conclave, come denunciato in questi giorni dal cardinale di Vienna Christoph Schoenborn, hanno continuato a filtrare dai sacri palazzi notizie che dovevano rimanere segrete.
E poi nello scambio fra i due non sarebbero mancati riferimenti alla situazione dello Ior, la questione finanziaria che rappresenta un problema crescente per la Santa Sede. Se questi erano i temi sul tappeto, l’incontro di ieri aveva un profilo storico che è stato però stemperato dalla semplicità e dalla reciproca familiarità stabilitasi immediatamente fra i due protagonisti. “Siamo fratelli” ha detto Francesco al Papa emerito, quindi Bergoglio ha rifiutato l’inginocchiatoio d’onore e ha pregato a fianco di Ratzinger. Per il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, si è trattato di un “momento di altissima e profondissima comunione”.
E del resto faceva una certa impressione vederli così, entrambi vestiti di bianco, Ratzinger anche con una leggera giacca a vento per proteggersi dal freddo, salutarsi con emozione, stringersi le mani, abbracciarsi e poi sedersi l’uno di fronte all’altro per parlare un po’ dei problemi della Chiesa. Erano presenti anche i due segretari personali, Alfred Xuereb, maltese, che però era il secondo segretario di Ratzinger e per ora è stato confermato nel suo ruolo da Francesco, e monsignor Georg Gaenswein, l’uomo più vicino al papa emerito oltre ad essere attualmente prefetto della Famiglia pontificia. In entrambi i casi si tratta di figure destinate ad uscire di scena prossimamente.
Ancora, le immagini diffuse ieri, hanno mostrato Francesco che ha regalato a Ratzinger l’icona della “Madonna dell’umiltà” quindi ha spiegato: “mi permetta di dirlo, la Madonna dell’umiltà mi ha fatto pensare al suo pontificato”. Il papa emerito si commuove, gli stringe le mani. La regia vaticana dell’evento questa volta è perfetta, la Radio della Santa Sede definisce l’abbraccio fra i due papi davanti all’elicottero “l’immagine del millennio”. Si rompe il tabù, i due papi vengono mostrati al mondo, è una sequenza che rende quasi normale e certamente umano il momento storico. Il colloquio però resta segreto, la cronaca dell’evento copre il delicato passaggio di consegne. Fuori dal palazzo di Castel Gandoflo, intanto, la gente si affollava e sventolava bandiere in un clima di emozione. Se il papato è stato riformato da questi due uomini di Chiesa, il primo segno del cambiamento è da rintracciarsi proprio in quell’abbraccio spontaneo dei fedeli alle porte di Roma.