Da Damasco a Palermo quando la pizza racconta
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Da Damasco a Palermo quando la pizza racconta

La pizza ha tanti fratelli e sorelle. Dalla Siria alla Sicilia, un ricordo e un incontro attorno a una pietanza povera, democratica e multietnica. [Onofrio Dispenza]

Da Damasco a Palermo  quando la pizza racconta
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

7 Aprile 2013 - 09.41


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di Onofrio Dispenza

Penso alla pizza e mi torna in mente Damasco. Una Damasco non ancora scossa dai colpi di mortaio, povera, ma senza lutti. Curiosa del mondo, aperta, con la moschea ed accanto la chiesa cattolica, Una Damasco povera ma gioiosa, con tanti giovani capaci di guardare lontano, di accoglierti, di farti conoscere il Paese, di parlarti ed ascoltare con piacere i tuoi racconti. Nonostante il peso degli Assad.

Era inevitabile che la vitalità e la raffinata civiltà di Damasco cozzassero con il cemento di un regime che avrebbe voluto ancorare al passato le spinte di libertà e impoverire ulteriormente una Siria dalla quale gli Assad, come dire, hanno avuto tanto.

Perché Damasco pensando alla pizza? Per un incontro e per un profumo che mi torna in mente.

Cominciamo dal profumo, quello del saj, con sopra il profumo di zaat, di timo. Piccole focacce sfornate in continuazione dai tanti forni della città. Pasta sottile, cotta su una piastra di ferro a forma di semisfera, e dentro la legna che arde.

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L’equivalente dei nostri dieci centesimi di euro per un fragranza che ti sazia. Bastava aggiungerci un bicchiere di thé, e trovavi sempre chi te lo offriva.
In questi mesi di violenza e di morte su Damasco, ho pensato anche a quei “pizzaioli”, tutto il giorno ad impastare, spianare coi pollici, infornare, ed offrire con un sorriso ai passanti. Felici se il passante era uno che veniva da lontano. Felici se il cliente che veniva da lontano, tornava e salutava con riconoscente familiarità.

Dal ricordo di ieri all’incontro di oggi. Palermo: due giovani di colore, probabilmente senegalesi. Sono passate da poco le 14, è ora di mangiare per chi ha lavorato sodo tutta la mattinata. I due giovani escono da una piazzetta del Borgo Vecchio. Banchi di frutta, di spezie, di pesce, di olive a montagnola, bianche, nere, schiacciate con aglio peperoncino e sedano, olive in fiore, quelle che costano di più, essiccate e dolci.

Qui Palermo è Sud e Oriente insieme. E chi viene dai Sud del Mondo si sente a casa. Così i due giovani, che hanno appena comprato una pizza e la mangiano: una fetta su una mano, il resto della pizza nel cartone, nell’altra mano. Seguo a ritroso i loro passi ed arrivo alla piazzetta. Una pizzeria, e davanti ragazze e ragazzi d’ogni colore e d’ogni condizione. Parlano tra di loro, e mangiano spicchi di pizza. Una pizza solo 2 euro e 50 centesimi. Pizza per tutti, pizza popolare, pizza democratica – dice il piazzaiolo. E per tutti i colori del mondo, aggiungiamo, pensando alla focaccia da dieci centesimi di Damasco.

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