di Mario Riccio
La vicenda Stamina è un nuovo caso Di Bella? La risposta è assolutamente affermativa, ma con alcune sostanziali differenze.
Nel caso Di Bella il protagonista era un singolo soggetto, il dottor Di Bella appunto. Questi sosteneva – neanche tanto appassionatamente – di aver scoperto l’efficacia di un farmaco per la cura dei tumori. La somatostatina, peraltro già in uso assieme ad altri farmaci, in alcuni reali ed efficaci protocolli terapeutici.
Ovviamente non vi era mai stata – per il metodo Di Bella – alcuna reale efficacia clinica dimostrata in letteratura scientifica internazionale. In pratica si sarebbe dovuto credere che un singolo medico – con un modesto curriculum professionale e senza confrontarsi con alcun centro di ricerca mondiale – aveva fatto una scoperta di portata rivoluzionaria nella cura dei tumori. Una sorta di intuizione newtoniana della mela. Spiazzando tutti i laboratori che – pur nelle vastità di risorse economiche ed intelligenze – non si sarebbero accorti dell’utilità di questo alchemico cocktail di vecchi farmaci. La questione fu subito strumentalizzata politicamente dall’allora centro-destra, che vide una occasione per sostenere una battaglia tutta politica contro il governo di centro sinistra. La battaglia fu anche ammantata da un sorta di valenza etica. Si sosteneva di combattere per la cosiddetta libertà di cura. L’allora centro destra – con l’ex Presidente della Camera Fini in testa – portò in piazza migliaia di persone in nome della libertà di cura, per liberarsi dalla tirannia statalista, totalitaria, liberticida e indirettamente anche un po’ assassina, impersonata dalla figura dell’allora ministro Rosy Bindi. Questa cedette alle pressioni dell’avversario politico, come è costume solito della nostra sinistra.
L’apposita commissione di esperti da lei nominata, anche alla luce della dispendiosa sperimentazione ufficiale che venne promossa, non poté far altro che constatare l’assoluta inefficacia del metodo. Al contempo non riuscì ovviamente a sottrarsi agli ironici commenti e derisioni del mondo scientifico internazionale. La solita figuraccia italiana all’estero. Intanto almeno un migliaio di persone, secondo una stima non ufficiale dell’assessorato alla salute del Lazio – Regione all’epoca guidata da Francesco Storace – nell’interrompere le cure già in corso o nel non iniziarle perché condizionati dalla moda Di Bella, andarono diritti verso morte certa. Singolare interpretazione del giusto principio della libertà di cura, principio che però la stessa parte politica – il centro destra – non ha sostenuto nella vera accezione più recentemente nel caso Englaro. Il problema del caso Di Bella era poi accentuato dai costi elevati del suo cocktail farmacologico, costi che erano da attribuirsi – a giudizio dei sostenitori del Di Bella – a carico del sistema sanitario nazionale.
Ed ecco un primo punto che accomuna le due vicende. Chi paga? Interrogativo fondamentale in considerazione che anche il metodo cosiddetto Stamina non presenta alcuna riconosciuta validità in trials sperimentali internazionali e pertanto abbandonato da tempo. Per non smentire la precedente italica tradizione, anche il tecnico governo Monti ha deciso – con un atteggiamento ondivago, ben poco tecnico, ma sicuramente politico – di iniziare una sperimentazione che ovviamente si concluderà come tutta la comunità scientifica nazionale ed internazionale ha già pronosticato.
In questo caso però i protagonisti sono differenti. Non migliaia di potenziali pazienti, ma solo pochi sfortunati bambini condannati irrimediabilmente da malattie genetiche, al momento incurabili. Non un singolo farmaco miracoloso, ma l’utilizzo delle cellule staminali. Queste sicuramente rappresentano una speranza concreta di cura nel futuro (prossimo?) della medicina. Nell’immediato però non potranno fare niente per quei poveri bambini a cui va tutta la nostra pietas, che però purtroppo non guarisce le patologie.
A differenza del caso Di Bella, stavolta non c’è un uomo solo al comando, ma la fondazione di un piccolo gruppo di ricercatori autoreferenziati con a capo un docente di psicologia.
Anche stavolta però non mancano le note di colore. Celentano ha già manifestato a favore della causa, secondo alcuni determinando la decisione del ministro Balduzzi di autorizzare la sperimentazione. Ricordiamo che l’ultima volta che il simpatico molleggiato nazionale (2001) sollevò dubbi sul concetto di morte nazionale, si assistette ad un drammatico calo delle donazione di organi e conseguenti trapianti. Ed abbiamo già registrato la prima manifestazione di piazza – peraltro poco frequentata – dove la generosa Gina Lollobrigida ha promesso di mettere all’asta i suoi gioielli per sostenere la sperimentazione.
È sufficiente per poter dire che è partita una nuova tele novela nazionale dal finale scontato?
[GotoHome_Home]