Niccolò Ghedini, uno dei legali di Silvio Berlusconi, imputato a Milano al processo Ruby, ha cominciato la sua arringa accusando in sostanza il tribunale di essere prevenuto nei confronti della difesa.
Infatti, in uno dei primi passaggi l’avvocato, rivolgendosi ai giudici ha affermato di avere “l’impressione di ingenerare fastidio come difensore. Analogo fastidio non sembra ingenerare la procura della Repubblica”. Il legale, nel suo discorso ha sostenuto anche che il collegio ha “vicinanza culturale” ai pm.
Silvio Berlusconi va “assolto perché il fatto non sussiste”, ha detto Ghedini riferendosi al reato di concussione contestato all’ex premier. Il legale ha fatto notare che “non sempre le azioni compiute da un pubblico ufficiale devono essere considerate un reato contro la pubblica amministrazione”. Ma “possono essere azioni umane”.
Nel corso della sua arringa al processo Ruby, Ghedini risponde alla tesi della Procura che “i testi della difesa sono inattendibili perché pagati da Berlusconi”. “La Procura – dice il legale – dimentica che questi testi ricevevano un aiuto economico prima di questo processo e che questo aiuto è continuato in maniera aperta, con bonifici regolari e dichiarazioni pubbliche”. “Se si dovesse ritenere – ragiona – che non vi debba mai essere alcun collegamento economico, diventerebbe impossibile far testimoniare un testimone o un dipendente”.
“Stratosferica e straordinaria”, ha definito Ghedini ha definito la richiesta di condanna a sei anni di carcere per Berlusconi. Ghedini ha contestato la circostanza che “non sono state concesse le attenuanti generiche all’ex premier perché gli avvocati hanno sentito dei testimoni ad Arcore”. “La Procura dimentica che Arcore è un grande complesso di edifici – ha affermato Ghedini – e da una decina di anni sia io sia Piero Longo (l’altro avvocato dell’ex premier) abbiamo uno studio di appoggio, tanto è vero che nelle assunzioni testimoniali appare il nome di una nostra segretaria”.
Berlusconi è sempre stato convinto che Ruby fosse una ragazza egiziana vicina all’ex presidente Hosny Mubarak. Ghedini ha citato il pranzo istituzionale che vedeva riuniti a Villa Madama, una delegazione del governo italiano insieme alle massime autorità egiziane: “E’ ovvio – ha osservato Ghedini – che se Berlusconi ha parlato di questa ragazza in un pranzo istituzionale, doveva essere convinto che la ragazza fosse davvero egiziana e in qualche modo vicina a Mubarak”. A confermare la circostanza in aula non sono stati, ricorda Ghedini, solo testi della parte politica dell’imputato come gli ex ministri Frattini e Galan, ma anche un teste “neutrale” come l’interprete del vertice italo-egiziano del 2010.
L’avvocato ha poi detto: “La statuetta lignea non c’entra nulla con questo processo ma con la ricostruzione sociologica e morale che la Procura vuole fare della vita di Berlusconi”, riferendosi alla cena del 22 agosto 2010 quando, secondo alcune testimonianze, durante la cena delle ospiti ad Arcore avrebbero mimato atti sessuali con una statuetta di Priapo. Per Ghedini, però, è una circostanza esclusa dal capo d’imputazione che contesta a Berlusconi di avere compiuto atti sessuali con Ruby dal 14 febbraio al 22 maggio 2010.
Nessuna concussione – Entrando nello specifico delle accuse, Ghedini ha affermato che Berlusconi non si è mai reso responsabile del reato di concussione. La difesa dell’ex premier sostiene che a questo proposito “la soluzione deve essere l’assoluzione perché il fatto non sussiste”. Il riferimento è alla telefonata fatta del 27 maggio 2010 ai funzionari della questura di Milano per spingerli a consegnare Ruby nelle mani di Nicole Minetti e non a una comunità per minori, come aveva stabilto il pm di turno quella notte. “Secondo la Procura – ha spiegato Ghedini – in questo modo l’allora presidente del consiglio avrebbe abusato della sua qualità di pubblico ufficiale per sottrarre Ruby all’autorità. Non si riesce a capire, a quale autorità, dal momento che Ruby non doveva essere arrestata né portata in carcere”. Inoltre, secondo il legale, “non sempre le azioni compiute da un pubblico ufficiale possono essere considerate reati contro la pubblica amministrazione. Possono essere anche azioni umane”.
Le cene eleganti di Arcore – Nessun elemento concreto, secondo la difesa, nemmeno per quanto riguarda le cene di Arcore. A confermare che quelle cene erano del tutto normali, Ghedini ha citato il fatto che nei telefonini e nei pc delle ospiti del Cavaliere non sono state trovate “foto compromettenti”, ma solo “una foto dell’ex premier davanti a una libreria, che è stata scattata ad Arcore” e una foto di Iris Berardi vestita da poliziotta, che la ragazza ha detto essere stata scattata durante una festa di carnevale in un locale sui Navigli e non a villa San Martino.
Argomenti: silvio berlusconi