Nonostante il rischio concreto di sentirmi fare la solita critica, anche oggi non riesco a non commentare quello che mi circonda.
La notizia è drammaticamente comune: l’ennesima donna uccisa dal marito, l’ennesimo femminicidio. Ho perso il conto, o forse non voglio contare.
Perché quei numeri sono un cazzotto nello stomaco ogni volta, perché poche ore dopo che Tiziana è stata sgozzata e lasciata in una pozza di sangue dal marito a Landriano (Pavia), Rosi è stata accoltellata oggi dall’ex convivente a Palermo.
Perché per alcune di noi dire “siamo tutte parte lesa” non è uno sterile slogan da gridare ai cortei.
La notizia, dicevo, è una notizia come troppe. Quello che mi fa male, che mi fa montare una rabbia che non fa che crescere, è il modo di raccontarla, di nuovo, come sempre. “Il Giorno di Pavia” ospita un articolo di tale Gabriele Moroni, che dimostra tutta la sua capacità retorica riuscendo a presentare l’assassino come una povera vittima di una donna “leader, personaggio dominante” nella coppia.
«Mi ha detto che mi avrebbe lasciato. Me lo diceva da tempo. Mi ha insultato. Mi ha tirato uno schiaffo. Non ci ho visto più. L’ho uccisa». La ribellione di un uomo debole, fragile, dominato per anni dalla personalità ben più forte della moglie. Per la prima volta Marco Malabarba, 39 anni, da compiere il mese prossimo, si ribella e lo fa nel modo più sanguinoso, quando ancora è notte. Balzato dal letto, si precipita in cucina, afferra un coltello con una lunga lama seghettata. Un colpo al ventre di Tiziana Rizzi, 36 anni, altri due alla gola, vibrati di taglio, prima da una parte e poi dall’altra. La donna si accascia nel piccolo corridoio di casa, all’altezza della cucina. Muore quasi subito, sgozzata». [Il grassetto è dell’autore dell’articolo.]
Un uomo debole, fragile, dominato, che trova la forza di alzarsi dal letto, andare in cucina, prendere un coltello e sgozzare la moglie.
«Una coppia dove è la donna a essere leader, personaggio dominante. Marco Malabarba è stato barista a Milano, poi ha trovato lavoro nella legatoria Lem di Landriano. Un uomo descritto come mite, fragile, una grande passione per il motociclismo condivisa per qualche tempo dalla moglie, entrambi sono iscritti al gruppo Ctbk di Torrevecchia Pia. È Tiziana, impiegata a Milano, a guidare la vita di coppia fin dal tempo del fidanzamento, prima ancora del matrimonio celebrato otto anni fa. Lo fa, secondo il racconto del marito, ricorrendo agli schiaffi. Anni fa i primi gravi dissapori. «La crisi – dice il sindaco di Landriano Roberto Aguzzi – è stata circa tre anni fa, superata con la nascita del bambino». Il rapporto è deteriorato. Tiziana non regge, minaccia a più riprese il marito di andarsene. Marco china la testa, subisce. Fino all’altra notte. Quando qualcosa si rompe.
È un uomo stranito, maglietta bianca, bermuda, mocassini, quello che entra in mezzo ai carabinieri negli uffici della Procura di Pavia. Le indagini sono coordinate dal pm Roberto Valli, coordinate dal procuratore Gustavo Cioppa. Per quasi tre ore Marco Malabarba risponde alle domande del pm, assistito da difensori Simone Marconi e Gianluca Barbieri. È in stato di fermo. «Ho sempre sopportato», si prova a dire. Con voce bassa, tono umile, racconta il suo ménage familiare, finito nel dramma, nel sangue, in un torrida notte dell’estate pavese».
Ora, di donne stronze ne ho conosciute a decine, ma scrivere un articolo del genere, insistendo sul carattere dominante di lei e sull’umile sopportazione di lui, veicola un messaggio.
E il messaggio è che può succere che un uomo sgozzi la moglie se per anni ha “chinato la testa e subito”. Se ha “sempre sopportato”.
Davanti a certe cose io penso che non basti commentare “guarda ‘sto stronzo”. O almeno non basta a me.
Io voglio spiegare perché certe parole mi feriscono, perché penso che siano pericolose e perché credo necessario un ripensamento del modo in cui i media raccontano certe storie.
Perché in questo Paese viene ammazzata una donna ogni tre giorni e io trovo inaccettabile leggere parole come quelle di Moroni e dei tanti (e, ahimè, tante) come lui che scrivono di raptus, di gelosia, di malattia, di amore, di crisi, mentre quello che resta è una donna sgozzata in corridoio.
Argomenti: femminicidio