Sette anni di reclusione per Vittorio Cecchi Gori, 5 anni e mezzo per il braccio destro, Luigi Barone: è la sentenza di condanna emessa dai giudici della sesta sezione penale del tribunale di Roma per il fallimento della Finmavi spa.
Secondo il collegio presieduto da Gustavo Barbalinardo, il produttore cinematografico fiorentino deve essere ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento della società Finmavi (cassaforte di famiglia del gruppo Cecchi Gori), sancito dal tribunale della capitale il 23 ottobre del 2006 con un passivo accertato di 600 milioni di euro.
Stando all’accusa, Cecchi Gori, in qualità di presidente del consiglio di mministrazione e poi di amministratore, e Barone, componente in diversi periodi, a partire dal 1999, del consiglio di amministrazione della Finmavi, della Cecchi Gori Cinema e Spettacolo, e poi della Nous, della Vip e della Cecchi Gori Holding, avrebbero “distratto o comunque dissipato i beni facenti parte del patrimonio sociale” della stessa Finmavi “causando un passivo fallimentare pari a circa 600 milioni di euro, a fronte di un attivo indicato in sede di proposta di concordato in 120 milioni di euro circa, così determinando un elevato e ingiustificato disavanzo aziendale”, attraverso una serie di operazioni”.
Interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, Cecchi Gori e Barone, per i quali i pm avevano chiesto condanne rispettivamente a 10 e 8 anni di carcere, sono stati assolti da un episodio di bancarotta per distrazione in relazione a un’altra società, la Cecchi Gori Media Holding.