Testimonianze per padre Paolo Dall'Oglio
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Testimonianze per padre Paolo Dall'Oglio

No, non c'è bisogno di notizie per scriverne. Né di cercarne. Basta il desiderio di testimoniare. Per quel tepore che scalda l'anima. [Riccardo Cristiano]

Testimonianze per padre Paolo Dall'Oglio
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22 Ottobre 2013 - 10.42


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di Riccardo Cristiano

Carissimo Paolo,

che c’è? Mi sento in colpa con te per non averti scritto da troppo tempo? La vita è così, carissimo Paolo, con quale facilità ci si abitua all’idea che solo il materiale sia reale. E dunque che scriverti senza che tu possa leggere quel che si scrive sia inutile.

Non è così. Me ne sono reso conto ieri sera. Ero a cena con amici che ti hanno caro quando mi sono arrivati improvvisi, via Facebook, degli inattesi messaggi dal Libano. Messaggi di tuoi estimatori, di tuoi ammiratori, di amici che non ti hanno conosciuto di persona, che mi dicevano “ perché nessun uomo parla di un uomo solidale con gli uomini?” Una di loro diceva di scrivere ogni giorno appelli per “padre Paolo”, per “Abuna”, e di dolersi della scarsa attenzione che riscontra tra chi non capisce “perché?”, “serve?”. Ho scelto di non citare per nome e cognome gli autori di questi messaggi. Perché almeno in questo momento mi sembra meglio così. Non conta dirti adesso chi siano, ci sarà il tempo: adesso conta dirti che non lo fanno soltanto per te, ma anche per noi.

Non è solo l’amico che mi manca, è anche il suo cuore, quel tepore amicale che ci fa sentire vivi. Quel tepore è tornato a farsi sentire ieri sera, perché quei messaggi da Beirut non mi chiedevano, “notizie di Paolo?”, detto come lo diciamo noi, con la stanca formalità con cui si dice “come va?” a un collega che entra nel nostro ufficio, o ad un interlocutore telefonico. Quei messaggi mi dicevano “non vogliamo notizie, vogliamo solo testimoniare, per il bisogno umano di farlo.”.

E che cosa volevano testimoniare, carissimo padre Paolo Dall’Oglio? Volevano testimoniare che nell’Oriente che ami in molti hanno capito quale sia la vera partita in gioco lì dove sei; la fine dello spazio euro-mediterraneo, la fine dello spazio cosmopolita, che ha resistito a sfide tremende dai tempi di Alessandro il Macedone, e che ora, a Damasco, si potrebbe spezzare. E’ lo spazio che il Samir Frangieh (ti ricordi di lui, vero?) chiama lo spazio non del convivere, ma del vivere-insieme. E tu lo avevi capito tra i primi, tempo fa, tanto tempo fa…. E’ per questo che hai avvertito l’insopprimibile necessità di andare a raccoglierti in preghiera sulla riva orientale del fiume Oriente, vicino alle fosse comuni che nessuno ricorda, di cui nessuna parla: le fosse dimenticate che potrebbero segnare non solo morti fisiche inconcepibili, ma anche la morte del nostro spazio millenario per mano di chi lì vuole sterminare “l’altro”.

Ecco perché non sono riuscito a dormire questa notte; pensavo che tu dormi rimosso lì dove gli aguzzini sparano nel ventre di donne incinte, lì dove il carnefice lascia morire di fame abitanti di interi quartieri. Qualcuno da Washington però gli ha chiesto, con garbo: “li faccia mangiare, orsù….” Come farai a sopportare di non sapere tutto questo? Ma no, tu lo hai saputo da sempre che sarebbe accaduto anche questo…

Ciao Paolo, adesso sto un po’ peggio di prima, ma meglio!

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