A meno di una settimana dall’inizio del nuovo anno le carceri italiane hanno registrato già due suicidi. Il primo è avvenuto il 3 gennaio nel carcere di Ivrea (Torino) dove un detenuto italiano di 42 anni si è tolto la vita impiccandosi alla grata del bagno della cella, con un cappio fatto con i sacchi della immondizia. Il secondo suicidio, anche questo per impiccagione, è avvenuto invece nel carcere romano di Rebibbia la notte dell’epifania. Il detenuto era italiano, aveva 53 anni, era da poco stato trasferito nel reparto di osservazione psichiatrica di Rebibbia Nuovo Complesso ma non aveva il numero di telefono della ministra Cancellieri.
Nel corso dell’anno che ci siamo lasciati alle spalle sono “morte di carcere” 148 persone (2235 nel corso degli ultimi tredici anni) per suicidio, malattie o cause “da accertare”, 13 i casi per cui è stata aperta una inchiesta. Continua così quello che senza mezzi termini l’associazione Ristretti Orizzonti definisce “uno sterminio” praticato ormai con costanza da un sistema carcerario, come quello italiano, che toglie dignità a tanti essere umani che preferiscono togliersi la vita piuttosto che continuare un’esistenza sentita come un’agonia.
Ancora una volta il dito è puntato principalmente contro le disumane condizioni di vita di detenute e detenuti, il sovraffollamento, la mancanza di una adeguata assistenza sanitaria e di misure alternative.
Secondo l’ultimo Rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione nel nostro paese (il decimo) pubblicato a dicembre dall’Osservatorio dell’associazione Antigone, complessivamente le carceri ospitano 64.047 detenuti conto una capienza regolamentare di 47.697, ma Antigone sostiene che il numero effettivo dei posti disponibili è decisamente inferiore, intorno ai 37.000.
Sono dati che in termini di affollamento portano l’Italia ai vertici di tutta Europa, quella che va dall’Atlantico agli Urali, con 173 detenuti per ogni 100 posti letto, non sorprende quindi che le persone sono così costrette a vivere in condizioni indegne ma è vergognoso. “L’Europa ci guarda” è il titolo del rapporto di Antigone in cui si legge che l’Italia ha tempo entro maggio 2014 per rimediare a questa situazione di disumanità e illegalità, determinata anche da finanziamenti al sistema carcerario ormai azzerati. Le cifre parlano chiaro: per ogni detenuto il costo del mantenimento quotidiano è di 9 euro al giorno, in questi 9 euro ci devono rientrare i tre pasti quotidiani, la salute, l’igiene, le attività culturali… tutto. E chiaro che con queste risorse i detenuti sono abbandonati a loro stessi e per molti diventa una condanna a morte.
Il X Rapporto nazionale sulle condizioni di detenzione in Italia contiene anche un focus sulla casa circondariale di Napoli Poggioreale. Per capire cosa emerge da questo focus partiamo dalla sentenza della Corte europea sui diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per il trattamento inumano e degradante riservato ai detenuti perché, nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza c’è uno spazio vitale minimo inferiore ai 4 metri quadri. Le osservazioni di Antigone hanno appurato che nel carcere di Poggioreale c’è uno spazio vitale minimo inferiore ai 3 metri quadri, che ospita 2800 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 1400. Lo stesso carcere sul quale pende una interrogazione parlamentare perché, sempre a seguito della visita dell’Associazione, sono stati riscontrati tra i 15 e 20 detenuti con disagio psichico in isolamento psichiatrico, cosa vietata dall’ordinamento giuridico. Alla presentazione del rapporto era presenta anche Nobilia Scalfuro, la mamma di Federico Perna, il trentaquattrenne morto lo scorso novembre mentre era detenuto proprio nel carcere di Poggioreale.
Il Rapporto, che si può leggere per intero su www.associazioneantigone.it, contiene anche la descrizione di dieci cose che il Ministero della giustizia deve fare immediatamente e che sintetizziamo con il preambolo: “La vita in carcere deve somigliare il più possibile alla vita esterna. Tendere alla reintegrazione significa innanzi tutto praticare l’integrazione. Gli unici elementi di separazione tra la vita penitenziaria e quella libera devono essere quelli inevitabilmente connessi alla condizione di detenzione. Per tutto il resto non deve esserci differenza tra cittadino libero e cittadino detenuto”.
Ma restano solo belle parole visto che proprio il giorno dell’epifania l’Azienda sanitaria provinciale di Trapani ha sospeso l’erogazione gratuita di farmaci per i detenuti nelle carceri di Trapani San Giuliano, Castelvetrano e Favignana. Se il provvedimento non sarà revocato la popolazione ivi detenuta sarà privata oltre che delle normali medicine anche delle specialità farmacologiche della tabella H (destinate ai malati con patologie quali Hiv), ovvero quei farmaci in uso solamente nelle strutture ospedaliere.