di Emilia Lacroce
Che il territorio toscano non sia immune dalle infiltrazioni mafiose è cosa ormai nota, nonostante se ne parli poco, e male. Le ultime indagini, che hanno portato al sequestro di diverse attività commerciali e imprenditoriali, hanno coinvolto anche la città di Pisa, dove appena tre mesi fa era stata confiscata in primo grado ad una famiglia mafiosa messinese un’edicola posta nella centralissima piazza Garibaldi. Le dichiarazioni di Gioacchino La Barbera che i giornali hanno riportato la scorsa settimana erano, anche queste, note da tempo: Cosa Nostra tentò di organizzare un attentato contro il simbolo della città, la Torre di Pisa. Non c’è da stupirsi del resto: gli attentati di Firenze e Roma testimoniano la precisa strategia del terrore di quegli anni.
La Toscana è un territorio che nonostante le difficilissime congiunture economiche e i tagli imposti dalla crisi, riesce ancora ad attrarre investimenti, facendo muovere l’economia. Tra questi, purtroppo, spesso si nascondono investimenti poco puliti, proventi di affari illeciti gestiti dalle organizzazioni mafiose, che nelle regioni del centro e nord Italia riescono maggiormente a mimetizzarsi, come testimoniato dalle recenti indagini. Spesso la loro presenza sfrutta l’insediamento di grandi colossi, che non necessariamente operano in maniera opaca, per insinuarsi nelle opere collaterali e in parti dell’indotto.
Uno dei colossi che ha deciso di investire sul territorio pisano è la multinazionale svedese Ikea. L’apertura del grande store di mobili e complementi d’arredo è prevista per i primi giorni di marzo. Ma qualcosa ha fermato i lavori pubblici propedeutici alla gestione del traffico che interesserà la zona soprattutto nei giorni dell’inaugurazione.
Cerchiamo di capire cosa è successo. Da mesi la città attende l’apertura di Ikea: le decine di posti di lavoro offerti, in un periodo difficile come questo, occupano per settimane le pagine dei giornali e gli interessi dei pisani. I capannoni blu cominciano ad affiorare nello skyline pisano in prossimità dell’aeroporto. C’è qualcosa che però non procede come dovrebbe.
Un appalto pubblico di circa 400.000 euro prevede l’ampliamento di una rotatoria di accesso allo store. Espletata la gara e viste, tra le altre cose “le vigenti disposizioni in materia di antimafia”, i lavori vengono aggiudicati con una certa sollecitudine, affinché la tempistica della pubblica amministrazione possa coordinarsi con il cronoprogramma della multinazionale svedese. Il Comune di Pisa si riserva però di verificare i requisiti dichiarati dall’impresa, e, a lavori già avviati, annulla l’aggiudicazione della gara.
È qui che l’ingranaggio si arresta. Non sappiamo molto altro: l’atto di annullamento dell’aggiudicazione è molto abbottonato, l’allegato A è formato da un’unica parola su foglio bianco: omissis. A differenza di altri casi simili, la pubblica amministrazione ha scelto di non inserire nella determina le motivazioni che hanno indotto tale scelta. È solo a mezzo stampa che sappiamo che l’input è arrivato dalla Prefettura. Perché? Cosa è successo?
È successo probabilmente ciò che la normativa prevede: “Il prefetto, acquisita la relazione di cui al comma 3, (…) valuta se dai dati raccolti possano desumersi, in relazione all’impresa oggetto di accertamento e nei confronti dei soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa stessa, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4 ed all’articolo 91, comma 7. In tal caso, il prefetto emette, entro quindici giorni dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze, l’informazione interdittiva, … “. Ecco ciò che dispone il Codice Antimafia.
Lo stop subito dai lavori non è dunque un banale “contrattempo”, come definito da alcuni giornali. L’impressione è che, per l’ennesima volta, si smarrisca il nocciolo del problema: la preoccupazione si concentra sul ritardo accumulato nella costruzione delle opere complementari in vista dell’apertura di Ikea, e non sul pericolo in aumento di infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e sociale della città.
Sembrano lontane più che mai le parole di Paolo Borsellino: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.”
Emilia Lacroce, 26 anni, calabrese, ha una borsa di ricerca presso il dipartimento di scienze politiche dell’Università di Pisa ed è project
manager del master ‘Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione’. È da anni volontaria di Libera-associazioni nomi e numeri contro le mafie.