La storia di Chiara mi uccide, ma non mi stupisce
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La storia di Chiara mi uccide, ma non mi stupisce

La tragedia è figlia di una società che chiama le donne puttane se alzano la testa e non accetta che siamo davvero libere e indipendenti. [Lorenza Valentini]

La storia di Chiara mi uccide, ma non mi stupisce
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7 Febbraio 2014 - 13.06


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di Lorenza Valentini

Chiara aveva, ha diciannove anni. Il suo compagno l’ha massacrata di botte fino a ridurla in fin di vita. Pare che in ospedale abbiano detto di aver visto raramente una persona ridotta in quello stato. E le sue condizioni sembrano peggiorare. “Il danno cerebrale ha compromesso l’intero emisfero sinistro e tutto il tronco encefalico”, hanno detto.

I giornali scrivono che lui l’ha riempita di botte per motivi sentimentali. Era geloso. Dice che lei lo aveva tradito. Niente che non abbiamo sentito già. E ogni volta è come un pugno nello stomaco. Ogni volta la stessa orrenda sensazione di rabbia e impotenza. No, lui non l’ha massacrata perché era geloso. Non le ha spaccato la faccia perché lei lo aveva tradito. Lui l’ha ridotta in fin di vita perché è un violento e un assassino, perché è nato e cresciuto in una società che insegna che “la donna è preda e l’uomo cacciatore”, che dice che le donne sono esseri deboli, da tenere “al sicuro” e che comunque farebbero bene a non alzare troppo la testa.

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Lui non è, come ha detto il sindaco Marino, “un orco”. Lui è il figlio di una società che sminuisce continuamente le donne. È figlio di una società che ci chiama “puttana” quando osiamo alzare la testa, che ci vuole ancora chiuse in casa a badare alla famiglia, che non accetta che una donna sia davvero libera e indipendente. È il figlio sano del patriarcato.

Il padre di Chiara aveva sporto per tre volte denuncia contro l’uomo che ha massacrato sua figlia Il padre di Chiara dice che quasi spera che lei non sopravviva, perché Chiara, a diciannove anni, potrebbe “vivere” per sempre come un vegetale. I vicini hanno aspettato due ore. L’hanno sentita urlare per due ore. “Maurizio ha urlato per tutto il pomeriggio. Almeno due ore di grida, parolacce e insulti contro Chiara, si sentiva solo la sua voce nel palazzo. Poi all’improvviso non si è sentito più niente e a quel punto abbiamo temuto il peggio”. Hanno ascoltato grida e insulti per due lunghissime ore.

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Poi, quando Chiara è stata zitta, a quel punto hanno “temuto il peggio”. È stato lui a suonare ai vicini dopo averla massacrata di botte. È caduta, ha detto. La scusa più classica. È caduta dalle scale, ha sbattuto sulla porta, è inciampata.

Eppure ora tutti si affrettano a dire che “era un violento”, “uno poco raccomandabile”. Raccontano che i suoi genitori erano “esasperati”, perché era stato violento anche con loro. E però hanno sentito due ore di grida, di insulti e hanno aspettato che tutto finisse e che l’assassino suonasse alle loro porte. Non dovevano scendere a difendere Chiara, per carità. Magari sarebbe bastata una telefonata.

Leggo e ascolto i commenti della gente.

Che schifo! Assassino! Le donne non si toccano, vergogna! Bestia! La pena di morte! Datelo a me! E poi, però, su facebook trovo un video, un “esperimento sociale”. Un uomo e una donna in un parco. Lui la picchia. Entrambi alzano la voce. La gente passa. Passano venti persone. E solo quattro di loro intervengono. Solo quattro persone su venti, vedendo un uomo prendere per il collo, strattonare, insultare una donna, si fermano. Le altre fanno semplicemente finta di niente.

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Ecco perché la storia di Chiara mi uccide, mi fa male, mi fa schifo, ma no, non mi stupisce.

Forza, Chiara.

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