«Non è possibile produrre chimica senza inquinare. Tutte le aziende chimiche inquinano. La verità è che con le nuove norme non si può tenere aperta una fabbrica di quel tipo, perchè basta un errore, un incidente. In Italia tenere aperta una fabbrica è diventato un crimine», ha detto Leonardo Capogrosso, il manager che secondo la Procura di Pescara è l’autore di un biglietto della Montedison che nel marzo del 2001 invitò i tecnici di una ditta incaricata dei rilevamenti sull’inquinamento del polo chimico di Bussi sul Tirino a taroccare i dati.
Per Capogrosso, che è sotto processo per avvelenamento delle acque e disastro ambientale insieme ad altri 18 imputati, la fabbrica di veleni di Bussi non esiste: «Di quale fabbrica dei veleni stiamo parlando? È morto qualcuno? Non mi risulta. Comunque chiariremo in tribunale», dichiara. L’uomo afferma di essere venuto a conoscenza della discarica il giorno del sequestro. «Sui quei terreni sono stati sotterrati rifiuti industriali dal1950 al 1965.
Io sono entrato in azienda, come anche altri 16 imputati di questo processo, dopo il 1970. Quindi non sapevamo proprio nulla della discarica», spiega. «Ora però siamo tutti sotto processo perchè non potevano non sapere, la qual cosa è folle in quanto non potevamo effettivamente sapere cosa ci fosse sotto quei terreni. Potevamo immaginarlo, forse».