Razzismo in Piemonte: i genitori non vogliono stranieri in classe
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Razzismo in Piemonte: i genitori non vogliono stranieri in classe

Con una lunga lettera aperta il dirigente scolastico di Dronero di dimette dal suo incarico. Alcuni genitori boicottano per i troppi bambini figli di immigrati.

Razzismo in Piemonte: i genitori non vogliono stranieri in classe
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12 Aprile 2014 - 12.35


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Nella classe ci sono troppi bimbi immigrati, così i genitori piemontesi e scrivono i loro figli altrove. Succede a Dronero, un Comune in provincia di Cuneo, dove a denunciare la vicenda è il dirigente scolastico Graziano Isaia. Il 37enne ha voluto raccontare tutto in una lettera aperta sul sito della direzione didattica. “Con questi usurpatori del suolo natio chi si sente superiore non si vuole mescolare: è terrorizzato di essere contagiato e di tornare così ad uno stadio primitivo. Quanta ottusità, eh?” ha scritto…

Ecco la lettera aperta di Graziano Isaia:

Egr. Sig. Sindaco,

Gent.mo Presidente,

il 4 maggio, come sapete, si svolgerà una passeggiata a Dronero con lo scopo dichiarato di raccogliere fondi a favore della Direzione didattica, che riceve come contributo ordinario, dallo Stato, appena quattromila euro all’anno.
Alla manifestazione mancherà il pettorale numero 2, ovvero il mio: ritengo importante spiegarVi perché proprio non potrò partecipare.
La “Camminiamo per la scuola” doveva essere (e ufficialmente così verrà presentata dai genitori organizzatori) un’occasione rilevante per: creare maggiore aggregazione tra plessi distanti; favorire l’acquisto di materiale didattico per i bambini; incoraggiare la solidarietà; attraversare, in amicizia e in un clima di festa, luoghi magnifici di questa Città.
All’inizio, credendo sinceramente che fosse davvero così, io stesso l’ho personalmente sostenuta sia dal punto di vista economico sia da quello organizzativo ed informativo. Se tale camminata fosse stata, profondamente e fino in fondo, un pretesto per stare insieme senza pregiudizî e senza ipocrisia, io sarei stato in prima fila e avrei continuato a promuoverla per un successo oltre ogni aspettativa.
Occorre, però, che Voi conosciate alcuni retroscena di quest’evento, aspetti per così dire nascosti che, nel contesto di apparente gioia, naturalmente nessuno Vi racconterà.
Mentre si proponevano a me e a Voi come i salvatori disinteressati della scuola di Dronero, alcuni organizzatori iscrivevano i proprî figli in altri Comuni, addirittura in altri Istituti, e soprattutto avviavano un’opera sistematica di distruzione della reputazione del plesso di Piazza Marconi.

Tra questi organizzatori c’è anche chi, nei mesi, ha messo in dubbio la mia onestà, le mie capacità professionali e la mia disponibilità al dialogo: mi ha calunniato con costanza e senza vergogna, augurandosi pubblicamente che io venissi cacciato dall’Istituto. In questo desiderio la sorte l’ha poi accontentato… ma resta nei miei pensieri più tristi quell’atteggiamento devastatore e tutt’altro che intelligente. Come potrei marciare al loro fianco facendo finta di niente?
Tra gli organizzatori c’è chi ha utilizzato (ed utilizza ancòra) la strada e la piazza per additare come streghe alcune insegnanti e fomenta contro di loro un inspiegabile astio (per loro stessa ammissione, non hanno mai avuto a che fare con queste maestre, si basano sui… sentito dire!).
Sia chiaro: con questa lettera non voglio in alcun modo scrivere una difesa d’ufficio né della categoria dei docenti né delle singole maestre.
La categoria è sovente indifendibile, almeno quando si oppone al cambiamento o considera tutti i genitori come “dei nemici” o erige barricate su questioni corporative, sindacali e sociali che sono superate da quasi quarant’anni. Per la verità, è sbagliato anche parlare di categoria, poiché all’interno di essa troppe sono le differenze di personalità, di formazione, di sensibilità, di pensiero e di carattere… trattare tutti i docenti come fossero un raggruppamento omogeneo non rende giustizia a nessuno; ma diciamo che, nel quadro di questo discorso, mi serve parlare di gruppo per spiegare che, in generale, la sua opposizione conservatrice a volte estenuante è una delle cause principali delle mie dimissioni.
Per quanto riguarda i singoli, esistono senza dubbio docenti non immacolati o dal temperamento spigoloso o con scarse doti educative e diplomatiche. Appunto per questo l’Amministrazione scolastica prevede che i Dirigenti possano, in teoria, vigilare sui comportamenti ed eventualmente sanzionarli. Non può essere il chiacchiericcio da marciapiede a decidere se la signora X sia valida oppure no, se abbia colpe oppure no (e quali), se meriti fango e punizioni oppure no. Se io e Voi dovessimo lasciar passare indisturbata una tecnica di demolizione delle persone (anzi, di pubblici ufficiali!), sarebbe la fine del già precario equilibrio su cui si regge il nostro Stato.

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Dunque, ciò che non posso assecondare è l’uso delle “voci” nei locali commerciali e all’aperto per improvvisare un tribunale sul mio Istituto. Nessuno può permettersi di impugnare una frusta per sferzare arbitrariamente il lavoro svolto da questa Direzione. È semplicemente intollerabile che due o tre genitori abbiano montato una radio a ciclo continuo, che per mesi ha denigrato, come fossero mostri, sia il sottoscritto sia alcuni docenti sia il contesto sociale del Capoluogo: l’azione è stata così martellante da convincere undici famiglie a non iscrivere i proprî figli in questo plesso.
Ora, l’Amministrazione comunale sa bene quanti sforzi siano stati e saranno fatti per rendere l’edificio di Piazza Marconi più ricco, più accogliente, più moderno. Lasceremo, quindi, che il tarlo della menzogna e del sospetto, architettato da alcuni genitori non si sa bene con quale coraggio e quale competenza, possa rendere deserta una scuola storicamente così importante?
Devo precisare: non ho mai ricevuto esposti sui miei docenti, soltanto insinuazioni; ai genitori delle future classi prime ho offerto molte occasioni per esprimere legittimamente ed educatamente perplessità sull’offerta formativa per i loro figli. In particolare, ho presieduto, su richiesta di alcuni di loro, un’assemblea dove i presenti erano numerosi. Nessuno ha però detto apertamente di avere paure, riserve, dubbi.

Forse perché alcuni di quei sentimenti erano semplicemente inconfessabili. In Piazza Marconi c’è lo sporco, il fastidio, il peso morto, la puzza, l’ignoranza scimmiesca. Con questi usurpatori del suolo natio chi si sente superiore non si vuole mescolare: è terrorizzato di essere contagiato e di tornare così ad uno stadio primitivo. Quanta ottusità, eh? Non negli “Altri”, bensì in quelli che mirano alla purezza del sangue e della pelle. Costoro non hanno memoria delle oppressioni umilianti che noi stessi Italiani abbiamo subìto, perché equiparati alle bestie, quando eravamo emigranti. Costoro non hanno consapevolezza che certe dinamiche storiche sono inevitabili ed inarrestabili, e se qualcuno fugge da guerre, persecuzioni e carestie, qualcun altro, nello stesso mondo, magari professante il Vangelo, non può che aprirgli la porta. Se alzerà dei muri, lo scontro sarà cruento e lungo. Se lo straniero si comporterà male, non ci saranno sconti, ma fino ad allora sarà un fratello in difficoltà.

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Eppure, si potrebbe vivere gli uni accanto agli altri in armonia. Non è facile, ma possibile. Con un po’ di sforzo da entrambe le parti! Basterebbe ripartire dalla bellezza: quella della nostra Valle è ben nota ed è insuperabile; quella dei suoi nuovi abitanti è, a tratti, sublime e sorprendente. Come si fa a provare tanto odio di fronte a certi visini scolpiti, incorniciati di treccine e sorridenti? Forse i loro genitori non sempre sono corretti, collaborativi, istruiti e di ampie vedute, e da loro si deve pretendere un adattamento a certi valori, ma i bambini…

Comunque sia, nessuno lo ammetterà mai, ma alla base della fuga dal Capoluogo non c’è soltanto avversione per alcuni metodi d’insegnamento, c’è anche una diffidenza aggressiva nei confronti del diverso, di TUTTI I DIVERSI!
Allora, mi chiedo e Vi chiedo: com’è conciliabile questa distanza tra i cittadini del nostro territorio, che al momento appare insuperabile, con una passeggiata che si fregia di parole sacre come amicizia e fratellanza!? Posso sbagliare, ma ci scorgo una grande incoerenza, e non riesco a farne parte.
Tutto quello che è stato detto e fatto negli ultimi mesi risiede nella coscienza di ciascuno: ciò che io non posso fare è sostenerlo indirettamente andando alla Camminata. Il mio compito istituzionale, infatti, è quello di favorire l’integrazione, stemperare le tensioni attuali, costruire un futuro pacifico e positivo per chi transita nella mia scuola: se la manifestazione fosse andata davvero su questa rotta, io avrei indossato orgoglioso il mio numero 2 e avrei ringraziato con tutto il cuore per il pezzo di mosaico aggiunto al nostro tentativo quotidiano di fare una buona scuola PER TUTTI.
Sono il rappresentante legale dell’Istituto: la mia presenza significherebbe adesione all’intera “Camminiamo”; io, però, al momento non me la sento di mettere in un cassetto ciò che mi e ci hanno fatto alcuni genitori.

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Devo precisare che: quando ho dovuto emettere dei provvedimenti disciplinari, l’ho fatto allo stesso modo verso extracomunitari ed Italiani, senza mai sognarmi di essere più tenero con i primi perché “poveretti” o i secondi perché “della mia razza”; le insegnanti, salvo qualche eccezione, trattano tutti i bambini come tali, non fanno ingiustizie, non regalano niente a nessuno per pietà o per debolezza d’animo; l’Istituto, fin da molto prima che io arrivassi, ha una lunga e prestigiosa tradizione di educazione interculturale tanto verso gli adulti quanto verso i minori, attività – queste – che hanno impegnato risorse, attenzioni e volontariato con l’unica finalità di far dialogare i cittadini del presente e del futuro (se la situazione a Dronero non è mai esplosa in conflitti feroci, magari è anche grazie a quest’azione di cuscinetto messa in pratica dalla scuola); dal mio insediamento, la parte permanente del piano dell’offerta formativa prevede che l’Istituto progetti e migliori l’accoglienza delle diversità: per me e per molti altri non sono parole vuote, ma impegni che ci richiamano, ogni giorno, tra mille ostacoli, ai doveri tipici dei professionisti dell’educazione. Non posso consentire che tutto questo tesoro venga spazzato via dalle “voci”. Non posso essere a mia volta ipocrita, cioè andare con spensieratezza a camminare sapendo che qualcuno, in quella sfilata, dice di “lavorare per” e invece lavora CONTRO l’Istituto e i suoi bambini.

Se è vero che non di solo pane vive l’uomo, è altrettanto vero che non di soli denari si ciba la scuola pubblica. Non ci serve l’elemosina, se viene da chi vuole mostrarsi candido agli occhi del pubblico. Avremmo voluto, al contrario, ricevere il seme di una fraternità autentica e di uno schietto amore per i compagni di cammino (inteso come giornata e come vita): le virtù ci servono ancora più degli euro. Perché il nostro lavoro è formare coscienze e teste e innaffiare lo spirito, non accumulare oggetti materiali.
Da questa vicenda, purtroppo, ho imparato che: le chiacchiere uccidono e talvolta chi le arma ha la faccia in apparenza pulita; sono troppo ingenuo per questo mestiere, soprattutto quando certi personaggi vengono a propormi un piatto d’argento che sotto sotto è pieno di macchie, ma ora che mi sono svegliato non mi presto ad essere una pedina di chi tenta di abbindolarmi; si possono bruciare in un nulla anche le migliori occasioni.
Se, al contrario di me, deciderete di partecipare alla passeggiata, Vi auguro sinceramente che possiate viverla come l’avevo immaginata io: solare, cristallina, frizzante, allegra e rilassante.
Vi saluto cordialmente e Vi ringrazio per tutta la collaborazione che in questi (quasi) due anni mi avete sempre garantito, voi sì, con la massima onestà e la più totale cura.

IL DIRIGENTE SCOLASTICO

Dott. Graziano Isaia

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